“Si verum est, quod memo dubitat, ut populus Romanus omnes gentes virtute superarit, non est infitiandum Hannibalem tanto praestitisse ceteros imperatores prudentia, quanto populus Romanus antecedat foritiudine cunctas nationes”

(Se è vero, cosa che nessuno mette in dubbio, che il popolo romano superò in valore tutte le genti, non si può negare che Annibale di tanto fu superiore in accortezza a tutti gli altri condottieri, di quanto il popolo romano supera in potenza tutte le nazioni)

(Cornelio Nepote, Liber de excellentibus ducibus exterarum gentium, XXIII, Hannibal, 1-2)

Molti personaggi storici, condottieri, imperatori, principi e re, attraversarono l’Abruzzo o addirittura vi si stabilirono durante le innumerevoli campagne militari; uno dei più famosi fu senza dubbio Annibale, che, nel 216 a.C., dopo aver conseguito una stracciante vittoria sui Romani, nei pressi del Lago Trasimeno, si fermò in Val Vibrata, odierna valle in provincia di Teramo, prima di fare direzione verso Canne in Puglia, dove nell’agosto dello stesso anno avvenne una delle principali battaglie della seconda guerra punica. Annibale accerchiò e distrusse quasi completamente un esercito numericamente superiore, guidato dai consoli Lucio Emilio Paolo e Gaio Terenzio Varrone. Una delle più pesanti sconfitte subite da Roma ed allo stesso tempo una delle più grandi manovre tattiche della storia militare. I romani ammassarono la loro fanteria pesante in una formazione più serrata del solito, mentre Annibale utilizzò la tattica della manovra a tenaglia, che risultò così efficace che l’esercito romano, di circa 86.000 uomini, fu annientato come forza di combattimento. 

Come anzi detto, Annibale, per curare i propri cavalli da scabbia e per rifocillare i suoi soldati, reduci dalle fatiche della battaglia del Lago Trasimeno, si fermò in Abruzzo e la leggenda narrata da Polibio racconta che abbia fatto bere ad entrambi (cavalli e soldati) vino prodotto nel territorio aprutino e che grazie alle proprietà taumaturgo-dermatologiche di quel vino, i suoi cavalli guarirono e i suoi soldati recuperarono le forze, che avrebbero messo vittoriosamente in campo nei mesi successivi.

Nel 211 a.C, il condottiero cartaginese, dopo aver riposto in un cassetto ogni speranza di attaccare nell’immediato la città di Roma, sarebbe stato avvistato di nuovo in Abruzzo, secondo quanto riportato dallo storico Tito Livio, forse per fare ulteriore rifornimento di quel vino così miracoloso…….

Propendo nell’asserire che quel vino fosse l’antesignano del Cerasuolo d’Abruzzo, che come per il Montepulciano nasce dalle stesse uve, ma quel che mi fa pensare al Cerasuolo è dato dal fatto che a quell’epoca, i contadini non fossero così esperti di macerazioni sulle bucce e che il vino avesse le sembianze a livello cromatico di un rosa intenso e luminoso che ricorda il colore della ciliegia (ceresa in dialetto abruzzese). 

Passiamo da un condottiero ad un altro, ma in questo caso parliamo di un vero e proprio condottiero del vino, figlio del territorio aprutino e mi riferisco a quel Edoardo Valentini, divenuto nel tempo il Re dei vini d’Abruzzo con i suoi splendidi Trebbiano, Montepulciano e con il Cerasuolo e che ha saputo nel tempo valorizzare una zona vocata nel rispetto di quanto la natura ci dà, senza nulla togliere e senza nulla aggiungere, in un sodalizio vero ed autentico, dove da sempre si lavora con assenza interventistica, se non naturale, assecondando la vigna nel suo percorso vegetativo ed in cantina con l’osservanza della tradizione e dell’utilizzo di lieviti indigeni, senza controllo di temperatura e senza adottare alcuna filtrazione e/o chiarificazione. Il risultato, portato avanti oggi con estrema maestria dal figlio Francesco è una gamma di vini che entrano di diritto nel gotha delle eccellenze italiane, come il Cerasuolo 2016 di 13,5° vol, degustato con enorme soddisfazione.

Prima di soffermarmi sulle caratteristiche di questo rosato straordinario è doveroso specificare che la famiglia Valentini, di origini spagnole, è proprietaria dell’omonima azienda agricola dalla metà del XVII° secolo, guidata a quel tempo da Antonio Valentini, visconte di Loreto, Collecorvino, Picciano e Moscufo. Oltre ad occuparsi di vino, la produzione era anche incentrata su cereali, olio e sull’allevamento del bestiame, al punto di aver ottenuto nel corso del tempo e in special modo nel XIX° e XX° secolo importanti riconoscimenti per l’olio e per i vini, fino ad arrivare ad ottenere l’appellativo di “Cantina dell’anno” nel 2011. 

Ma veniamo alla degustazione.

Innanzitutto è opportuno soffermarci sull’etichetta, da sempre uguale al pari di altri mostri sacri dell’enologia mondiale, solo per citarne qualcuno Romanèe-Conti, Chateau d’Yquem, Chateau Latour, Chatau Margaux, Monfortino etc…, che riproduce un uomo dalle origini ispaniche, che indossa l’armatura del guerriero e che calza scarponi da contadino, quasi messo li apposta a difesa del territorio e del buon nome dell’azienda, una sorta di “uomo vetruviano” di leonardesca memoria, che simboleggia la centralità tra natura/uomo.

Versato in ampio balloon, si presenta di un meraviglioso rosa corallo brillante con lievi riflessi di arancio, limpido e senza sbavature.

Al naso emerge con immediatezza la parte fruttata di arancia rossa, ciliegia matura, lampone e melograno ed a seguire foglia di pomodoro e pasta di olive. Roteato ulteriormente nel bicchiere si avverte una sottile nota vanigliata e sul finale pietra bagnata.

In bocca è un rosato semplicemente splendido, di ampio corpo, inizialmente con verticalità ma che poco dopo si sviluppa in ampiezza ed è nel middle-palate che fa esplodere un corollario gustativo davvero notevole, dove l’eleganza e la mineralità sono la logica conseguenza delle premesse sensoriali, il tutto ordito da una persistenza gustativa davvero intensa che proietta in una dimensione onirica trasognante.

Questo Cerasuolo surclassa con un solo sorso i rosati provenzali più acclamati e modaioli.

Non faccio fatica a comprendere l’effetto miracoloso che ebbe sui cavalli e sull’esercito di Annibale, una sorta di pozione magica, un elisir di lunga vita, che soli nettari diVini possono concedere.