Sono da sempre appassionato ed affascinato dai misteri irrisolti e da quelle congregazioni segrete che, nel corso dei secoli, mi hanno sempre lasciato nel dubbio, alimentandomi strane fantasie volte ad ordire chissà quali piani tesi alla conquista del mondo….Una di queste è senza dubbio la Massoneria che si è sempre definita come un’istituzione “filantropica, filosofica e progressista”. Nasce in Inghilterra alla fine del XVII° secolo e il suo scopo, anche nobile (ma anche di facciata) è la “ricerca della Verità. Una “loggia” segreta, che ha dovuto agire quasi sempre nell’ombra, al riparo da quella frangia conservatrice che l’ha sempre osteggiata, rivendicando i dogmi perpetrati negli ultimi 2000 anni di Storia. Nel XX° secolo, il nazismo, Vichy e poi il comunismo hanno perseguitato i massoni che erano considerati scagnozzi del liberalismo e agenti del complotto "giudeo-massonico". Queste persecuzioni giustificano il permanere del segreto massonico, di questa società iniziatica, che può essere compreso unicamente attraverso riti e regole ferree tese al raggiungimento della conoscenza di sé e di conseguenza alla parte divina che alberga in ognuno di noi. Sviluppatasi in tutta Europa, arriva anche in oltralpe, dove il “Rito” francese redatto nel XVIII° secolo verrà definito come la quintessenza dello spirito massonico del Secolo dei Lumi.
Roger Girard, fu il fondatore del “Grand Chapitre Francais” che consta di pratiche iniziatiche suddivise in 7 gradi, ovvero 3 nel corso iniziatico (cosiddetta muratura “blu” o simbolica) poi 4 nel corso spirituale (cosiddetta muratura rossa). Questi 4 gradi spirituali sono anche chiamati “Ordini di Saggezza”.
I primi 3 gradi iniziatici sono posti sotto l'autorità della Gran Loggia Nazionale di Francia, mentre i 4 gradi spirituali sono posti sotto l'autorità del Gran Capitolo di Francia. Tutti questi gradi formano un insieme coerente; sono consecutivi tra loro, e fortemente intrecciati, dal grado di Apprendista, il primo di loro, al grado di Cavaliere Rosacroce, il grado ultimo del rito francese.
Il rito francese è un rito che insegna a ogni adepto a riuscire a pensare da sé, formando una propria opinione senza alcun condizionamento dogmatico, ma con il fine di concepire in sé il proprio incontro intimo con il Grande Architetto dell'universo.
Il lavoro che ciascuno fa su sè stesso deve condurlo a poco a poco sulla via della Sapienza.
Ma il vino, in tutto ciò cosa c’entra?
Mi son fatto l’idea che faccia parte di un viaggio massonico sensoriale, che lo proietta in un orizzonte di infinite rappresentazioni, ponendo il degustatore al centro di una esperienza sensoriale di sé e del mondo che lo circonda. Non unicamente un divenire didattico dei sensi, ma un vero e proprio viaggio, talvolta all’insegna dello stravolgimento enologico dogmatico, volto al raggiungimento intimo e personale della vera esperienza del gusto.
Potrei essere tacciato di filosofeggiare, ma nelle mie parole di spirituale del vino, emerge una sorta di anima massonica.
Oltre al Grand Chapitre (Capitolo) Francais, esiste un altro Chapitre che, a mio avviso esprime tutti i connotati massonici summenzionati e l’ho riscontrato nel Bourgogne “Le Chapitre” 2017 di Sylvain Pataille di 13,0° vol., degustato in una giornata plumbea, tipica a livello climatico, degli incontri in gran segreto delle logge massoniche.
Sylvain Pataille, autentico borgognone, nasce a Marsannay e cresce enologicamente parlando secondo i dettami impartiti dal nonno. Nel 2001, dopo aver effettuato studi a Bordeaux, acquista i primi ettari di vigna nel paese natio, arrivando ad ottenerne 17 nel 2008. Da sempre interventista con agricoltura biologica, perde la certificazione per aver scelto un trattamento proibito (non dogmatico) a salvaguardia del poco raccolto rimasto in un’annata disastrosa, facendolo risultare, quantomeno a me, un po’ massone. Comunque la sua filosofia è del tutto naturale; utilizzo del cavallo in vigna, lieviti indigeni, vinificazioni in un mix di acciaio e vetroresina e poi ulteriore affinamento in botte. Lunghi affinamenti e imbottigliamento solo a vino pronto, senza utilizzo della solforosa, incurante delle logiche di mercato.
Quasi come un adepto mi appresto a quello che è il rito dell’apertura della bottiglia, con un tocco di riverenza e misticismo. Tappo sano e compatto che, grazie all’ultimo acquisto del Re-Cork, pongo a parte del collo della bottiglia.
Lasciato opportunamente ossigenare, questo Pinot Noir si presenta di un bel color rosso rubino carico, con leggeri riflessi granati sull’unghia.
Al naso, sono immediati i sentori di frutta rossa matura, amarena, mora, prugna e mirtillo nero, che ben presto lasciano il sopravvento ad intense matrici speziate di pepe nero, associate a terra bagnata, note fungine e tabacco Kentucky (quello da pipa). In bocca è voluttuosamente vellutato ed il middle palate è attraversato da un tannino setoso ed avvolgente, che si amalgama con il corollario gustativo in una proverbiale corrispondenza con le sensazioni olfattive. Equilibrato e decisamente minerale, ha nella finezza e nella gradevole beva quel plus che lo fa assomigliare più a un premier cru che a un village. E’ un vino di una naturalezza disarmante, fino al finale salino, dove spicca un retrogusto figlio di un mix di dolcezza di frutto e di cacao amaro, che lo rende misteriosamente affascinante.
Roger Girard, Gran Maestro iniziatico, avesse provato questo Bourgogne, non avrebbe avuto alcun dubbio nell’inserirlo come elemento indispensabile nei riti e nelle regole del Grand Chapitre Francais.