Nel mio peregrinare per le lande vinicole transalpine, ricordo che nella tarda primavera del 2012, mi accingevo ad esplorare le magiche e misteriose terre dello Chenin Blanc e in prossimità della ridente e animosa città di Tours, mi ero imbattuto in una costruzione del tutto particolare. Nell’attraversamento del villaggio di Rochecorbon, a una decina di chilometri scarsi da Tours c’è un gioiello popolarmente noto come “La lanterne de Rochecorbon” (la lanterna di Rochecorbon). Una torre slanciata e sottile che un tempo faceva probabilmente parte di una fortificazione medievale, ormai in rovina, che, in quel che ne rimane, si lancia come un ago nel vuoto, sollecitando l’occhio del turista e forse, ancora oggi, le attenzioni dell’archeologo.
Questa specie di “faro” incute a prima vista un certo timore e nel contempo non poca curiosità.
La storia insegna che Corbon, signore des Roches, vissuto nell’XI° d.C. e facente parte di una nobile famiglia che si era distinta nelle crociate, avrebbe dato il proprio nome al villaggio in cui erge la lanterna, da qui la trasposizione sotto il nome di “Rochecorbon”; ma la leggenda insegna che Robert, signore di Brenne, discendente di Corbon, all’inizio del XIII° secolo d.C. fece erigere la torre in un luogo fondamentale. Un giorno, tornando da un lungo viaggio, vide un’aquila dirigersi verso il paese natio, tirò con l’arco e colpì il volatile, Nel punto in cui cadde fece costruire una torre/faro che dominava la Loira e l’intera valle, posta su un dirupo, in posizione strategica e su questa postazione, alta almeno 10 metri, dove un tempo era un importante riferimento di controllo, ora albergano, soprattutto al tramonto, uccelli notturni soliti ad esternare ad intervalli regolari lugubri richiami, divorando nel contempo le vittime giornaliere, vere e proprie prede di sopravvivenza e di caccia.
Il famoso romanziere Honorè de Balzac, scrisse di questa costruzione nel 1820 dicendo che “….prende forma su un paesaggio incantevole; infatti molti uccelli vengono a rifugiarsi in questo ambiente protetto (il rigogolo, il mestolone, lo svasso cornuto, la cincia palustre, il succiacapre, l’allocco….) e numerose specie floreali, tra cui il tulipano ed inoltre la vite fiorisce lì”.
In effetti, le vigne arrivano sino alle vicinanze della lanterna ed è come se fossero protette da questa enigmatica torre, nonostante la stessa si stia lentamente sgretolando sotto l’incessante usura del tempo.
La lanterne de Rochecorbon non è l’unica che gode di ammirazione e rispetto in questa estrema terra nel versante occidentale della Loira, ma nel suo villaggio illumina, come un faro nella notte, un’eccellenza enologica come la Maison Marc Brèdif, storica nella zona di Vouvray, fondata nel 1893 ed acquisita nel 1980 dal barone Patrick de Ladoucette, discendente lungimirante dei Comte Lafonde, che ha ereditato la storica attività vitivinicola della famiglia e l’ha ampliata con altri vigneti nelle regioni del Sancerre, del Pouilly-Fuissè, dello Chablis, della Champagne e come anzidetto del Vouvray e infine dello Chinon.
La Maison è dotata di cantine storiche davvero uniche, edificate nel X° secolo d.C., interamente scavate nella roccia. Particolare è il fatto che conservano ancora bottiglie davvero rare risalenti alla seconda metà del XIX° secolo e più precisamente dell’annata 1874.
I vigneti sorgono su terroirs eterogenei di matrice argillo-calcare, di silice e di sabbia con una bella esposizione solare; caratteristica principale delle etichette prodotte è la propensione ad una longevità fuori dal comune. Tradizione e sguardo al futuro, senza rinnegare il passato, sono i credo di questa azienda che tra l’altro, grazie al suo fondatore, fu la prima a dar vita al Vouvray frizzante all’inizio del XX° secolo, seguito a ruota poi dal resto dei vignerons dell’appellation.
A questo punto, come farsi scappare una bottiglia? L’occasione, mi si è presentata per caso e con grande felicità vedendola coricata, quasi seminascosta, all’interno di un negozio di alimentari di altissima qualità, una vera e propria boutique gastronomica a Lido di Camaiore, operante sulla piazza dal lontano 1971, con all’interno una serie di bottiglie di vini italiani e francesi e distillati rari e di pregio. Mi riferisco al Vouvray Rèserve Privèe -Vigne Blanche annata 2015 di 13,5°, vino importato e distribuito da Sagna, stappato un’ora c.ca prima di essere servito, tappo di 4,5 cm., sano e compatto, che si presenta visivamente di un’elegante cromatura gialla paglierina, limpida, brillante ed uniforme; il naso è dominato da un bouquet particolare sorretto inizialmente da sentori tipicamente agrumati di scorza di limone, di albicocca non troppo matura e mela Golden ed a seguire, quasi per magia compare una nitida scia di panna e sul finale matrici vagamente gessose. In bocca appare subitamente dotato di una intrigante cremosità quasi in dissolvenza, che lascia spazio ad un corollario gustativo di tutto rispetto, dove la mineralità e una giusta acidità rendono piacevolissima una beva a tratti aristocratica. Fresco e dotato di un’importante verticalità, potrebbe essere equiparato ad una modella di alta moda con una eleganza e raffinatezza davvero sugli scudi, con una persistenza notevole e con un retrogusto leggermente amaricante che ne impreziosisce il sorso.
Se guardo la bottiglia nella sua forma slanciata, intravedo la torre di Rochecorbon e non posso fare a meno di pensare che entrambi siano, ancora oggi, quel baluardo a salvaguardia di una tradizione storica e secolare che impreziosisce da una parte il territorio e dall’altra il vitigno Chenin Blanc, che ogni volta riesce sempre a darmi sensazioni nuove ed uniche. Una bella scoperta che consiglio caldamente a tutti gli amanti del vino.