Nel 1980 Mick Jagger acquistò lo splendido castello La Fourchette, nella Loira, per 2,2 milioni di franchi francesi (circa 350.000 euro) a Poce-sur-Cisse vicino ad Amboise, a circa 2 ore di macchina da Parigi. Storicamente, il castello fu residenza del Duca de Choiseul, contabile di Luigi XVI. Sembra che Jagger ci abbia trascorso il giorno del suo settantesimo compleanno ed inoltre l’album “A bigger Bang” sembra sia stato in buona parte registrato qui.
La Francia pare sia la seconda casa dei Rolling Stones visto che già nell’aprile 1971 Keith Richards affittò a Villefranche sur Mer, a pochi chilometri da Nizza, in Costa Azzurra, una magnifica villa/castello denominata Nellcote, al prezzo di 2400 dollari la settimana, e con gli Stones, ci rimase fino a ottobre, quando si spostarono tutti a Los Angeles per finire l'album “Exile on Mail St.”, che ancora oggi è considerato pietra miliare del rock.
Se Jagger, dal castello La Fourchette si fosse spostato ad est di 180 km, si sarebbe imbattuto in uno Chateau, quello di Tracy, se ne sarebbe sicuramente innamorato, visto la sua forte inclinazione all’amore (le donne che ha conquistato negli anni, ben 4000, sono state addirittura censite e raccontate nel libro di Christopher Andersen uscito nel 2012 anche se la relazione più duratura, sul palco e non solo, è stata però quella con l'amico e collega Keith Richards) e a suon di milioni di franchi l’avrebbe conteso agli attuali proprietari, la famiglia Stutt. Posso immaginare che la contesa dello Chateau sarebbe stata aspra, visto che da una parte l’inglese Jagger avrebbe fronteggiato gli Stutt di origini scozzesi e la mente non può che tornare alla più grande battaglia su suolo britannico, a Culloden, in Scozia, il 16 aprile 1746, dove gli scozzesi perirono sotto i colpi dei moschetti inglesi….ma questa è un’altra storia.
Siamo nella Valle della Loira, in una delle zone vinicole più vocate di tutta la Francia, dove nascono vini bianchi a base Sauvignon Blanc, tra i più rinomati al mondo. Senza dubbio, una delle eccellenze di questo territorio è data dallo Chateau de Tracy, produttore di ottimi Pouilly- Fumè, azienda che trasuda di storia enologica, basti pensare che la proprietà conserva gelosamente un manoscritto risalente al 1396 che menziona l’acquisto del Champs de Cris, vigneto storico ancora oggi presente e produttivo. Nel 1586, Francois Stutt, sposò Francoise de Bar, che gli portò in dono la signoria di Tracy; con il loro matrimonio, i discendenti del Conte di Assay e suo fratello minore, Francois Stutt, attuali proprietari dello Chateau de Tracy, hanno riunito i due rami della stessa famiglia separati per quasi quattro secoli.
L'azienda vinicola Chateau de Tracy dista 11 km. da Pouilly e precisamente a Tracy sur Loire, piccolo villaggio immerso nei vigneti. Abbiamo avuto il privilegio di visitarli nel 2012 e ricordo che ci accolse amabilmente Mademoiselle Aurore Joulin, con la quale avevo intrattenuto corrispondenza mail. Molto professionalmente ci spiegò che i vigneti sorgono su terroir argillo-siliceo, che donano al vino la caratteristica di essere possente e ben strutturato; il calcare è il Kimmèridgen (tipico dell'epoca jurassica) che caratterizza il vino per la sua eleganza, mineralità e complessità aromatica.La proprietà, conta attualmente 31 ettari vitati con applicazione anche qui di agricoltura biodinamica in perfetta armonia con la natura.
Ho degustato il Pouilly-Fumè 101 Rangs -Chateau de Tracy annata 2008 di 13,5°vol, frutto della più accurata selezione dei grappoli dei migliori appezzamenti dello Château de Tracy.
Prelevato dalla cantina ad una temperatura di 12° gradi centigradi, ulteriormente rinfrescato per almeno un altro paio di gradi e stappato lasciandolo ossigenare per almeno un quarto d’ora. Tappo sanissimo della lunghezza di 5 cm. Versato nell’ampio bicchiere da degustazione si presenta di un colore oro zecchino, simile al ducato in uso nel cinquecento a Venezia, limpido e brillante senza sbavature.
Il naso è tipicamente floreale di biancospino, seguito immediatamente da nitide sensazioni agrumate di cedro e pompelmo surmaturi e da nuances di miele fresco e a tratti balsamico. In bocca, entra vagamente oleoso e con un agrumato decisamente maturo. Mi è parso all’apice della sua evoluzione terziaria, dimostrandosi un po’ opulento e voluttuosamente seducente come alcune figure femminili di felliniana memoria. Sapido e minerale, ti rapisce sul finale con un retrogusto di mandorle appena tostate, su di una persistenza aromatica ben presente. L’ho abbinato ad un risotto con radicchio trevigiano ed ha saputo smorzare con la sua sapidità le note amarognole del radicchio, ingentilendone l’aspetto gustativo.
Ricordo, che a margine della visita chiedemmo il permesso di poter fotografare lo Chateau da vicino, ma ci venne negato in quanto proprietà privata. Emulando il ladro gentiluomo (Arsenio Lupin), furtivamente con l’auto girammo intorno al castello e penetrando con passo felpato tra i meravigliosi vigneti, scattammo amene fotografie per suggellarne il ricordo. Fu allora che guardando lo Chateau, si fissò nella mia mente un’immagine vagamente gotica, al pari di certe ambientazioni dei film di Tim Burton, dove da un momento all’altro pensi possano uscire personaggi eccentrici e stravaganti, interpretati per forza di cose da Johnny Deep e da Helena Bonham Carter ed inevitabile, scavando nei cassetti della memoria, andai a ritrovareuna canzone dei Rolling Stones, poco reclamizzata e dall’ambientazione talmente gotica che se fossi stato un regista avrei ambientato il video-clip proprio qui.
Blood Red Wine del 1968 recita: “I got red blood, and I got blood red wine Which I bring you………” dove il testo gioca sulla storia tra una donna fatale e sensuale (come questo Pouilly-Fumè) e un uomo che, pur essendo innamorato di lei saprà essere crudele al momento opportuno.
Come finirà?????
Penso sia preferibile non saperlo, continuando a bere questo vino, pensando alle donne di felliniana memoria.