…vuoi darmi la mia borsetta tesoro? Lettere del genere non si possono leggere senza rossetto!
(Colazione da Tiffany -1961)
Nei rari momenti serali in cui, sonnecchiante sul mio comodo divano, faccio svogliatamente zapping, non trovando più nulla di interessante sia sulle reti generaliste, che su quelle private di diffusione nazionale, spesso e sovente mi sovviene il ricordo delle commedie americane anni ‘50/’60, che oramai non vengono più trasmesse, ma che rimangono dei veri e propri cult-movie. Se poi, fortunosamente mi imbatto in qualche film con protagonista la divina Audrey Hepburn, anche se già iniziato, lo riguardo sempre con piacere fino alla fine.
Recentemente, ho rivisto, con un pizzico di nostalgica malinconia il film che, probabilmente l’ha resa celebre a livello mondiale; sto parlando di “Colazione da Tiffany”, tratto dal romanzo del 1958 dello scrittore americano Truman Capote, divenuto film nel 1961 con la regia di Blake Edwards e con il protagonista maschile nei panni di un giovane George Peppard.
La scena iniziale è una delle più celebri della storia del cinema che, ai tempi dell’uscita del film valse da sola il prezzo del biglietto; New York, alle prime luci dell’alba, da un taxi che si ferma, scende una giovane donna in un elegante abito nero (un tubino Givenchy), capelli raccolti, grandi occhiali scuri, collana di perle e tra le mani una frugale colazione consumata guardando le vetrine di Tiffany, storica gioielleria sulla Fifth Avenue e in sottofondo le note di “Moon River”, composta per l’occasione da Henry Mancini e Johnny Mercer, che all’epoca ebbe un successo strabiliante e che venne pensata appositamente per la Hepburn, per adattarla alla sua estensione vocale.
Dopo la veloce colazione rientra a casa a piedi e fuori dal suo appartamento la sta aspettando Sid Arbuck, un uomo con il quale Holly Golightly (la protagonista) aveva avuto un appuntamento la sera precedente…..e da qui in poi si sviluppa l’intera trama (consiglio la visione a chi ancora non l’avesse mai visto).
Piccolo aneddoto: in origine per il volto di Holly Golightly si era pensato a Marilyn Monroe, ma Capote aveva venduto i diritti alla Paramount Pictures che alla fine preferì Audrey Hepburn e fu una scelta davvero felice visto che quel ruolo le valse la candidatura all’Oscar.
Holly, si è scelta un nome (non quello vero) che rispecchia il suo modo di vivere, go lightly, vivere con leggerezza senza pensare alle conseguenze delle proprie azioni, anche se in realtà vive un perenne conflitto interno con sé stessa, con momenti di inquietudine profonda, con un passato così ingombrante da farle percorrere costantemente un cammino accidentato, dove però l’unica cosa che davvero conta per lei è poter vivere l’amore in piena libertà, senza convenzioni, senza continui giudizi e soprattutto non appartenere veramente a qualcuno. Il suo essere anticonvenzionale non sta a significare per forza quello di andare costantemente controcorrente, altrimenti le anti-convenzioni assunte, a loro volta diventano un paradosso convenzionale, ma più semplicemente la capacità di scegliere liberamente a prescindere che sia secondo le convenzioni o meno.
Se ripenso alla scena iniziale, ad Holly quando scende dal taxi, al posto del cornetto tolto da un candido sacchetto e di una tazza di caffè in un brick di cartone, le avrei messo in mano un calice e una bottiglia di Champagne Rosè d’Infusion di Oudiette, che avrebbe rafforzato l’immagine iconica della protagonista, armata di quell’eleganza che è la sola bellezza che non sfiorisce mai e da un viso di un incarnato che fa pendant con il rosa tenue del vino e che avrebbe ancor di più alimentato l’inesauribile fonte d’ispirazione di gran parte delle donne per poter acquisire un pizzico del suo fascino evergreen.
Ma c’è di più. Questo rosè rispecchia appieno quell’essere anticonvenzionale della protagonista; uno champagne fuori dai rigorosi canoni, realizzato utilizzando uno speciale metodo di “infusione” similare al tè. Consiste nell’immettere acini interi di Meunier, raccolti e diraspati a mano in un mosto in fermentazione di Chardonnay. La durata dell’infusione, così come il colore varia di anno in anno e per quello degustato nella serata dedicata agli Champagnè Rosè nel convivio nervianese del So.so Club (Sommelier social Club), sapientemente presentata dall’istrionico Dario Giorgi, Chef executive di Sparkling World, è stata di 8/10 giorni. Affinamento in piccole botti della Tonnellerie de Champagne, oltre 22 mesi sui propri lieviti e dosaggio finale di soli 2 g/l. Cuvèe realizzata con interventi minimi, non vedendo né chiarifica, filtrazione, stabilizzazione tartarica né decantazione statica.
Sono occorsi 6 mesi per avere l’approvazione da parte del CIVC – Comitè Interprofessionel du Vin de Champagne per poter commercializzare questo Champagne, veramente di nicchia e prodotto in soli 1100 esemplari. Una decisione sofferta e non scontata in quanto nei rigorosi regolamenti non vi è alcuna regola che proibisce di produrre Champagne con il metodo dell’infusione, ma tantomeno il contrario.
Ma veniamo alle note di degustazione di questo Champagne davvero fuori dal comune che, cromaticamente si presenta di un bellissimo color rosa corallo; al naso evidenti matrici di piccola frutta rossa, fragolina selvatica e lampone. E’ senza dubbio un naso delicato ma allo stesso tempo pervaso da una tagliente mineralità. In bocca si avverte un’immediata salinità rocciosa e marina, per poi virare in una delicata dolcezza di frutti rossi. Uno Champagne raffinato ed elegante, che apparentemente sembra essere esile, quasi si manifesti inizialmente in punta di piedi, ma che poi fa emergere con forza una mineralità ed un’acidità graffiante, lasciando sulla punta della lingua un caratteristico pizzicore che rimane a lungo, come la sua persistenza, anche quando il vino viene mandato giù. Uno Champagne denso, preciso, quasi filigranato e che sprigiona classe da vendere.
Mi sono innamorato di questo Champagne, del senso di libertà che mi ha trasmesso, della sua eleganza, del suo essere senza tempo, davvero così anticonvenzionale da risultare così affascinante e seducente, al pari dell’immortale Hepburn e della sua Holly Golightly di “Colazione da Tiffany”.