Per almeno un decennio sono stato abbonato ad una rivista bimestrale di vino, che ho abbandonato a fine 2019, perché i buoni propositi e l’obiettività iniziale sono stati inesorabilmente sopraffatti da un abbondante battage pubblicitario griffato dai “soliti noti”, che riempivano almeno il 20% del contenuto, da articoli rivolti quasi esclusivamente alle grandi e blasonate aziende vinicole e dal cambio repentino del formato cartaceo che non mi appagava più l’occhio. Per come sono fatto io, mi veniva a mancare la scoperta di piccole realtà, quasi di nicchia, con produzioni medio-piccole ma di altissima qualità e soprattutto quella viticoltura eroica che tanto amo. Non nego che nei primi anni, grazie a questa rivista ho potuto visitare vere e proprie chicche enologiche e quando le cose funzionavano (a mio modo di vedere) non vedevo l’ora di riceverla, quasi in maniera spasmodica. Oggi, da cultore borgognone, sono abbonato a “Bourgogne Aujourd’hui” e grazie all’amico francese William, compagno di mille battaglie enologiche, leggo anche la mitica “Le Rouge et le Blanc”.

Ricordo che a ottobre 2009 oltre alla rivista ricevetti anche un supplemento relativo a 33 degustazioni e le ultime tre pagine erano relative ad una sorta di giochino enologico rivolto a 6 esimi degustatori di fama nazionale che mi piacerebbe riproporre qui, nel mio blog e chiunque mi legga, può a sua volta giocarci.

Partiamo.

Dieci domande enoiche per conoscerci meglio:


Quanti vini hai degustato fino ad oggi?

Da buon ragioniere, ho tenuto il conto fino al 2019 e penso che escludendo gli assaggi al volo e le bevute goliardiche tra amici, direi circa 800. Per essere un amatore e non un professionista non sono pochini….

Quanti sapevano di tappo?

Fortunatamente poche.

Bianco, rosso o bollicine?

Bianco da invecchiamento.

L’annata più vecchia che hai provato?

1932 – Ora da Re – Jacono della Motta

L’abbinamento cibo/vino più originale?

Chianina al sangue e Chassagne Montrachet 1° cru “Les Vergers” di Marc Morey (la dimostrazione che anche un bianco può star bene con carne rossa)

Se la tua donna ideale fosse un vino sarebbe……

Da giovane un Clos Sainte Hune di Trimbach eleganza e raffinatezza allo stato puro, in piena maturità un Le Bourg di Clos Rougeard dei fratelli Foucault, un vino che unisce passione e un tocco di follia.

Per un’occasione speciale cosa apriresti?

Un Pinot Noir o uno Chardonnay della mia amata Borgogna.

Quante bottiglie hai nella tua cantina?

Sempre troppo poche rispetto a quante ne vorrei possedere.

Quale vino porteresti su un’isola deserta?

Se posso, ne porterei 3:

un Montrachet di Vincent Girardin per i bianchi

un Barolo di Bartolo Mascarello per i rossi

uno Chateau d’Yquem per i vini dolci

Il più costoso cha hai mai bevuto?

Romanèe-Conti 2012 (15.000 euro)


A questo punto ci starebbe bene un’undicesima ed ultima domanda:

Qual è il vino che non ti aspetti?

Per capirci meglio, occorre indicare un vino che non avresti pensato che potesse suscitare oltremodo consensi, una sorta di vino outsider, un carneade, un emerito sconosciuto e proprio perché non te lo aspetti ancora più sorprendente. E allora rispondo.

Il vino che non mi aspetto l’ho degustato proprio oggi e si tratta del Cabernet Sauvignon Riserva D.o.c. Colli Berici annata 2016 dell’azienda vinicola Fattorie le Vegre. 

Poco più di un anno fa, William ed io decidemmo di far visita nel vicentino all’Opificio del Pinot Nero di Marco Buvoli, autentico fuoriclasse della bollicina italiana, pensando bene di trascorrere la notte poco lontano all’Agriturismo Fattorie le Vegre. Capita a volte di soffermarsi esclusivamente al soggiorno senza pensare alle attività di contorno dell’agriturismo. Solo in fase di partenza facciamo la conoscenza di Domenico Chiesa, il giovane proprietario della Fattoria e dei 27 ettari di terreno di cui 5,5 vitati; poche parole e da subito capiamo che la filosofia portata avanti è quella di una viticoltura ecosostenibile, scevra da interventismi e lavorazioni inutili dannosi ai vigneti ed ai vitigni stessi.

Basse rese, nessun trattamento chimico e completa concezione biologica fanno si che i vini possano esprimere al meglio la tipicità del terroir. Le vendemmie sono abbastanza tardive, si va da metà settembre per lo Chardonnay, fino ad arrivare ai primi di novembre per il Cabernet Sauvignon. Il tempo, quasi sempre tiranno, ci obbliga ad andarcene portandoci in ricordo questa bottiglia con la promessa che ci saremmo tornati per capirne meglio e per poter programmare  una degustazione come si deve.

Ma veniamo al contenuto.

Il vino, da vendemmia tardiva,  si presenta cromaticamente di un bel colore rosso rubino intensissimo, quasi impenetrabile con riflessi granati sull’unghia; al naso sprigiona iniziali sentori di frutta surmatura, di amarena, ciliegia marasca e di prugna. Lasciato ulteriormente ossigenare nel bicchiere da degustazione emergono profumi terziari di cuoio, tostatura di caffè, cacao amaro, pepe verde ed il finale è pervaso da distinte note balsamiche di menta piperita. In bocca ha struttura, con un tannino in bell’evidenza, morbido e non ancora svolto del tutto, ma quello che lo caratterizza di più è una nota di freschezza davvero invidiabile che va a bilanciare l’alcoolicità importante che solo apparentemente non si sente. Grande persistenza gustativa e un corollario incentrato molto sulla parte fruttata, conferiscono a questo Cabernet Sauvignon una bella beva ora e un sicuro avvenire se lasciato ulteriormente in cantina per almeno un decennio. Un vino acquistato ad un prezzo davvero umano e se l’avessi bevuto alla cieca avrei immaginato di essermi imbattuto in un Saint Estephe, avrei potuto azzardare un Pagodes de Cos (secondo vino di Cos d’Estournel) o un Chateau Haut-Marbuzet. Un vino dalla timbrica bordolese sapientemente prodotto sui Colli Berici….da non credere!!!

Quello che amo è che ci si possa imbattere in vini prodotti da aziende semisconosciute che risultano davvero quelle belle sorprese che non ti aspetti, ma che sono il vero carburante che alimenta una passione che non ha mai fine.