“Non nobis Domine, non nobis, sed nomini tuo da gloriam!”
Anno Domini 1308.
Jacques de Molay, ultimo Gran Maestro dei Templari, in un convoglio di prigionieri in viaggio da Parigi verso Poitiers, per essere interrogato da Papa Clemente V, avrà di sicuro detto e ridetto mentalmente queste poche parole in latino che contraddistinguevano il motto dei Cavalieri del Tempio.
“Non a noi, o Signore, non a noi, ma al tuo nome dai gloria!”
Dopo l’arresto dei Templari da parte del Re di Francia Filippo il Bello, Papa Clemente V, che a quei tempi risiedeva a Poitiers, decise di interrogare personalmente gli alti dignitari dell’Ordine del Tempio.
Per motivi oscuri, quel convoglio non arrivò mai a destinazione, ma si fermò a Tours, distante 100km dalla residenza papale. Da qui, i prigionieri vennero rinchiusi nella fortezza di Chinon, a 40 km a sud-ovest dall’attuale capoluogo del dipartimento Indre et Loire.
Alcuni storici pensano che il Re di Francia non avesse apprezzato questo incontro tra il Papa e i prigionieri e che quindi fosse l’artefice della loro momentanea carcerazione al castello di Chinon. Non è ancora oggi ben chiaro quanto Jacques de Molay, insieme a Rimbaud de Caron, Hughes de Pèraud, Geoffroy de Gonneville e Geoffroy de Chamy rimasero rinchiusi, ma quel che è certo è che lasciarono ben impressa un’impronta permanente per i posteri. Si ritiene che soggiornarono nella torre Coudray, il luogo più sicuro del castello, anche se tale affermazione non sia suffragata da alcuna documentazione, ma quel che rende certa questa supposizione è la serie di graffiti che i Templari lasciarono incisi nel tratto di muro vicino all’unica porta di ingresso.
Questi graffiti sono menzionati per la prima volta dallo storico G. de Cougny, nel 1860, ed a seguire altri personaggi dissero la loro sul perché e sul significato di queste incisioni che non furono fatte per ingannare il tempo, ma per lasciare un messaggio esoterico che solo gli iniziati avrebbero potuto decifrare.
Il muro è costellato da una serie di simboli, cuori, croci, recinti, labirinti, campane, lettere dell’alfabeto, stelle etc etc incisi meticolosamente, con profondità e con dovizia affinchè potessero durare nel tempo. Nessuno dei Templari lasciò una firma, ma il simbolismo espresso toglie ogni dubbio sui suoi autori materiali.
Riguardando con attenzione i graffiti ho notato un particolare non di poco conto: vicino all’incisione di una sorta di figura concentrica, simile a un labirinto, c’è un simbolo che potrebbe prestarsi a più di un’interpretazione. In apparenza sembrerebbe un piccolo cuore trafitto da una freccia, ma riguardandolo bene, la freccia sembra solo indicare l’entrata del labirinto ed il cuore, osservandolo meglio ha la forma di un grappolo d’uva, sormontato da 4 foglie….Potrei azzardare questa ipotesi; analizzando la strada (con google earth) che porta alla fortezza di Chinon, semprechè nel 1308 la morfologia fosse sempre la stessa, farebbe supporre che il convoglio, prima di entrare nell’agglomerato urbano, avrebbe dovuto costellare la serie infinita di vigneti vitati a Cabernet Franc e che il Molay, o qualcuno dei suoi compagni abbia voluto raffigurare un grappolo d’uva, forse omaggiando il contesto rurale, ma celando all’occhio profano il significato esoterico che l’uva e quindi il vino sono il sangue di Cristo, quel “Sang Real” (Santo Graal) che rappresentava la linea di sangue del figlio di Dio……
Mi fermo qui e non vado oltre,,,, ma da appassionato di vino e del Cabernet Franc della Loira vorrei pensare che il Gran Maestro e i suoi compagni, nonostante la situazione, abbiano contemplato, nell’attraversamento di Chinon uno dei vigneti più vocati di tutta la denominazione, quel Clos Guillot, punta di diamante della viticoltura di un altro Gran Maestro vinicolo, vale a dire Bernard Baudry.
Baudry, figlio di vigneron, dopo aver studiato enologia a Beaune, ha lavorato per 5 anni come consulente enologico in un laboratorio di Tours. La tenuta è stata fondata nel 1975 con 2 ettari di vigneto, ampliata negli anni ’80, arrivando agli attuali 32. La diversità dei terroir (ghiaia, calcare sabbioso, argilla-calcarea), hanno spinto l’enologo ad effettuare la vinificazione parcellare. Dal 2000 è coadiuvato dal figlio Matthieu che ha effettuato gli stessi studi nel Maconnais, poi a Bordeaux e ha fatto praticantato per un anno in California, prima di ritornare a casa.
Baudry ricerca nei suoi vini una dimensione setosa, pur rimanendo il più possibile legato alla naturale espressione del terroir. Viticoltura biologica da sempre ed ora anche certificata, sperimentazione con viti a piede franco e minimo intervento in vigna e in cantina. 140.000 bottiglie con viti di 35 anni medi di età ed unicamente in purezza Cabernet Franc e Chenin Blanc.
Un meticoloso purista della denominazione comunale Chinon, la terza in Francia per ettari vitati, dietro a Saint-Emilion e a Chateauneuf du Pape, con una produzione media annuale di 13 milioni di bottiglie.
La bottiglia scelta di questo apprezzato Domaine è lo Chinon “Le Clos Guillot” annata 2019 di 14,0° vol, stappata 3 ore circa prima di essere servito e versato nel bicchiere da degustazione si presenta cromaticamente di un bel colore rosso rubino intensissimo, quasi impenetrabile; al naso un iniziale nuance smaltata viene quasi subito sopraffatta da un impatto inconfondibile, nel senso che le “pirazine” fanno decisamente il proprio lavoro nel far emergere un’intensa nota vegetale di peperone verde ed a seguire frutta rossa, mirtilli, composta di more, ciliegia surmatura e un mare di amarena, a tratti olive verdi, un accenno fugace di tabacco dolce e sul finale un non so che di balsamico. In bocca è decisamente morbido, molto rotondo e con un bel equilibrio tra acidità e mineralità che lo rendono decisamente fresco, al punto da non risentirne nella sua alcoolicità e con una beva generosa dove il tannino, abbastanza setoso e una sensazione gessosa a livello palatale gli conferiscono quel quid che lo rende degno di nota. Chiude un finale persistente e con un retronasale di amaretto appena accennato.
E i templari che fine fecero?
Papa Clemente V delegò tre cardinali a Chinon per gli interrogatori che si tennero tra il 17 e il 20 agosto 1308 e poi scrissero al Re per informarlo delle confessioni e del pentimento dei Templari. Ricevettero l’assoluzione e la scomunica fu revocata e si dice che rimasero a Chinon fino al 1309. Dopodichè tornarono a Parigi e sulla via del ritorno, forse un po’ più rasserenati, avranno voltato lo sguardo ai vigneti, al Clos Guillot e a quel grappolo d’uva di Cabernet Franc inciso sul muro e lasciato come eredità templare!!!