La musica è una componente essenziale della nostra vita quotidiana. Nei miei spostamenti giornalieri non manca mai, tenendomi compagnia come a tanti altri milioni di italiani. Oltre ai miei immancabili CD, la radio è sempre sintonizzata sulla frequenza di Virgin Radio, unica emittente a mandare in onda del sano Rock.

Purtroppo, sul posto di lavoro e in sottofondo, viene sempre trasmessa quella che definisco “spazzatura” contemporanea, che aumenta ogni giorno e sempre più la mia convinzione di vivere in un periodo oltremodo lungo di appiattimento musicale, che rispecchia la società odierna, quella del tutto e subito, dove l’apparire conta più dell’essere e una semplice audizione brucia anni di gavetta. 

Spesso mi chiedo come mai non nascono più certe band e soprattutto, come mai non si creino più nuovi capolavori musicali.

Penso, per fare qualche esempio, a “Starway to heaven” dei Led Zeppelin, a “Bohemian Rhapsody” dei Queen, a “Comfortably Numb” dei Pink Floyd o ancora a “Tunnel of Love” dei Dire Straits e potrei andare avanti….

Come cultore della chitarra elettrica, se voglio ascoltare un pezzo memorabile, che ha il potere di rigenerarmi, mi rilassi e mi faccia stare bene, mi affido sempre ad “Hotel California” dei leggendari Eagles.

Un pezzo che segna la svolta rock della band, dopo gli inizi vagamente country, inserito nell’omonimo album (il quinto), che vendette 16 milioni di copie, solo negli Stati Uniti.

Come per tutte le grandi hit, il testo nacque per caso, scritto da Glen Frey e Don Henley, dopo una notte in giro per le vie della città di Los Angeles.

La critica del tempo lo definì come un concentrato dell’edonismo americano ed una sorta di denuncia del comportamento autodistruttivo del mondo del rock, dove spesso l’estro creativo va a braccetto con la follia e le  devianze di alcool e droga che, però,  hanno regalato pezzi musicali magnifici che hanno fatto indissolubilmente la storia della musica.

“Hotel California” non è niente altro che la “città degli angeli”, un “alloggio” ricercato per viverci e dal quale una volta entrati è impossibile allontanarsi dalle mille tentazioni e dalle continue insidie.

La versione che preferisco è quella dal vivo al Capital Centre di Washington del 21 marzo 1977 (andate a vedervela su youtube), con l’assolo finale delle chitarre elettriche, talmente iconico al punto di diventarne una vera e propria pietra miliare del Rock.

Le chitarre di Don Felder, una Gibson EDS-125 a doppio manico e quella di Joe Walsh, una Fender Telecaster, rendono speciale questo pezzo con un assolo che potremmo definire di “chiamata” e “risposta” tra i due virtuosisti, culminando in un duetto a due voci fino alla fine del brano. 

Un capolavoro, che, riprendendo il significato del testo è senza dubbio edonista e che quindi cavalca quella concezione filosofica secondo cui il piacere è il bene sommo dell’uomo e il suo conseguimento il fine esclusivo della vita.

Se penso a un vignaiolo edonista per eccellenza che ha raggiunto il piacere puro in quello che fa trasmettendolo nei suoi vini e di conseguenza all’appassionato e consumatore finale, ho in mente ben chiaro un nome: Francois Chidaine. 

Proveniente da una famiglia di viticoltori della denominazione Montlouis-sur-Loire, prima di fondare la sua tenuta, nel 1984 ha affiancato i genitori nell'azienda di famiglia e si è assunto subito grandi responsabilità. Decise di rendersi indipendente nel 1989 creando la sua azienda riunendo diversi appezzamenti sparsi, per un totale di 4 ettari. I mitici viticoltori Didier Dagueneau e Nady Foucault lo convinsero fin dall'inizio a orientarsi verso la viticoltura biologica. I primi cinque anni furono difficili, ma tuttavia, si adattò iniziando a convertirsi anche alla biodinamica sotto il consiglio del suo consulente, François Bouchet. Nel 1999, i suoi genitori cessarono l'attività e gli cedettero i loro vigneti arrivando a 17 ettari. Nel 2002,  ha rilevato le vigne di Clos Baudoin e ha raggiunto il traguardo dei 27 ettari. La clientela della tenuta, inizialmente internazionale al 70% (Nord Europa, Nord America), si sta concentrando nuovamente sulla Francia dopo la conversione alla biodinamica.

Sin dai suoi esordi, François Chidaine è diventato uno dei principali protagonisti dei bianchi della Loira, uno stilista eccezionale ora venerato da molti altri viticoltori. I suoi vini sono “ Vin de France”, ma  in realtà sono Vouvray che, vinificati fuori dalla loro zona di denominazione, non possono comparire sull’etichetta. La gamma è composta da particolari  appezzamenti (Choisilles, Argiles, Tuffeaux, Moelleux) e località uniche (Clos du Breuil, Les Bournais, Clos Habert, Baudoin). Sono vini che richiedono alcuni  anni di affinamento per aprirsi e rivelarsi pienamente. Una zona imperdibile per ogni amante delle grandi espressioni della Loira dello Chenin Blanc e L’Argiles annata 2020 di 14,5° vol.  che ho degustato è uno dei suoi esempi più fulgidi. Prodotto da un vigneto di c.ca 40 anni, su terreno argilloso molto profondo con stratificazioni di gesso. Stappato un’ora circa prima di essere servito si presenta cromaticamente di un bel colore paglierino carico con riflessi dorati; roteato nel bicchiere, sono immediati sentori di pietra focaia e polvere da sparo, ma dopo breve tempo vanno in dissolvenza lasciando il posto a note fruttate di mela ed ananas, agrumate di arancia ed a seguire nuances burrose, note  floreali, erbe di campo ed un accenno di miele. 

Bocca leggermente oleosa e salivante che induce ad una continua beva dove i rimandi olfattivi ben si integrano con quelli gustativi in un piacevolissimo mix di succosità e dolcezza del frutto, con un’abbondante acidità e concentrazione. Grande freschezza che sovrasta un’ importante alcolicità (14,5°vol.) che non si avverte assolutamente. Chiude didatticamente con un equilibrio perfetto che è come se incorniciasse questo vino.

Ho ancora in sottofondo l’assolo di chitarre elettriche, non attendo oltre e verso ancora un po’ di questo nettare edonista e a un certo punto il piacere diventa  duplice e osmotico, dove la musica ed il vino raggiungono la medesima frequenza  e vibrazione diventando un tutt’uno, una magnifica opera d’arte!!