Ricordo che da piccolo, sovente nel periodo estivo, capitava che le maestranze della RAI proclamassero uno sciopero generale di 24 ore  e in quel specifico giorno la programmazione subiva un completo stravolgimento. Mi riferisco agli anni ’70 e in casa mia c’era ancora la TV in bianco e nero, mentre quella a colori avrebbe fatto la sua comparsa solo a fine 1977. Quando accadeva, ero felicissimo, perché sin dal primo mattino trasmettevano, fuori programma, una serie di film ed io speravo sempre di poter assistere ad un lungometraggio di avventura o di ambientazione storica. A volte le proiezioni si ripetevano ed uno dei film che preferivo era quello de “I tre moschettieri”, tratto dal celebre romanzo di Alexandre Dumas.

La storia è ben nota e vede protagonista un giovane guascone, tal Charles d’Artagnan che si reca a Parigi per entrare a far parte dei moschettieri di Re Luigi XIII, portando con sé una lettera di raccomandazione che gli viene rubata.

Da qui in poi iniziano le sue peripezie e soprattutto l’incontro con Athos, Porthos e Aramis, probabilmente i più famosi moschettieri di Francia, che gli fanno da balia fino ad ammetterlo nel corpo delle guardie reali coronando il suo sogno. 

Una prima distonia del film e forse del romanzo è che la gran parte delle scene vede una serie infinita di duelli tra spadaccini, quando il moschettiere veniva chiamato così perché aveva adottato un’arma, ai quei tempi rivoluzionaria, il moschetto e di moschetti nel film, neanche l’ombra.

Tralasciando questo dettaglio, quello che mi son sempre chiesto, probabilmente ingenuamente, perché il romanzo si chiama “I tre moschettieri”, quando in realtà sono quattro….

E’ probabile che Dumas si sia affidato al simbolismo della numerologia, dove il 3 rappresenta la Creazione, la Divinità, l’armonia e la forza vitale. E’ la sintesi dell’1 e del 2 nella Trinità, numero “sacro”, celeste. Numero dello sviluppo ordinato e armonioso, rappresentante il sesso in funzione creativa e quindi in sintesi è un numero positivo a tutti gli effetti.

Il 4 ha connotazioni positive ma è anche il simbolo della Croce e del Sacrificio, è un numero dagli influssi negativi. 

Forse, più semplicemente Dumas ha dato vita alla sua storia in modo tale che il lettore del libro ed in seguito il telespettatore si immedesimasse nel personaggio principale, in D’Artagnan, agognando in uguale modo a diventare un moschettiere, ma soprattutto ad essere amico dei tre moschettieri, ammirandone le gesta e le differenti personalità. 

Athos è una figura paterna per i moschettieri. Egli è descritto come nobile e bello, ma anche come un uomo molto riservato, che annega i suoi dispiaceri nel bere. È molto protettivo nei confronti di d'Artagnan, il più giovane, che considera come un figlio.

Porthos è Il più "sanguigno" dei tre, un po' fanfarone. Gioca spesso ai dadi scommettendo tutto quello che gli capita tra le mani. Ha anche un carattere molto vanitoso e ama pavoneggiarsi.

Aramis è il ritratto di una persona ambiziosa, ma nello stesso tempo insoddisfatta: come moschettiere anela a diventare un abate, riuscendoci poi in seguito, desiderando in segreto di nuovo la vita del moschettiere.

E d’Artagnan?....interpreta la parte d'un giovanotto d'umili natali proveniente dalla Guascogna, facendosi subito notare per il suo carattere spavaldo, impetuoso e un po' incosciente; un'autentica testa calda che cerca di coinvolgere il Conte di Rochefort e i tre moschettieri in singolar tenzone.

Queste quattro figure, con le loro peculiarità, le ho ritrovate, giocandoci con un po’ di fantasia, nei quattro vini che ho degustato in una bellissima serata dedicata ai vini bianchi di Borgogna, cercando di abbinarli ad ognuno dei quattro moschettieri. 

Vediamoli in rassegna:

abbiamo iniziato con il Meursault village “Le Meix sous le Chateau” annata 2014  di 13,0° di Jean Philippe Fichet un vino che si è presentato con una bella livrea tendente al dorato e con sensazioni olfattive decise, senza alcuna ossidazione di sorta e con note agrumate di limone maturo ben in evidenza, facendo sfoggio di una evidente mineralità avvertita sia al naso ed anche in bocca. Un vino che si sente un po’ costretto nella veste di un village ed è  incalzante, scalpitante e tendente a virare verso il premier cru, con una personalità un po’ guascona che mi ha fatto ricordare d’Artagnan. 

Finale lungo,  persistente ed impetuoso. 

Abbiamo proseguito con lo Chassagne Montrachet 1°cru La Maltroie annata 2016 di 13,5° vol. di Bernard Moreau et Fils, un vino che cromaticamente si è rivelato con un giallo paglierino tendente all’oro pallido e che a livello olfattivo si è svelato a poco poco, quasi in sordina, come se fosse arrabbiato in un misto di ambizione ed insoddisfazione allo stesso tempo, ma che poi è sbocciato in belle sensazioni floreali ed agrumate in un mix di nuances minerali, di pietrisco e di accenni boisè. Un vino che ho paragonato ad Aramis.

Se penso a Porthos, penso al vino seguente, il Puligny Montachet 1° cru Les Combettes annata 2013 di 13,0°vol di Jacques Prieur straripante sin dal colore di un bel paglierino carico, luccicante come le spade al sole e che si manifesta con sensazioni olfattive idrocarburiche e di pietra focaia. E’ un vino sontuoso, che ama mostrarsi in tutta la sua magnificenza, con una certa oleosità al palato, a tratti burrosamente opulento ma mai stucchevole e con quel retrogusto di noisette intrigante. Un vino ammaliante, quasi sensuale che si aggrappa alla memoria cerebrale.

Chiudiamo con il Corton Charlemagne Grand Cru annata 2014 di 13,0 vol, del Domaine Rapet , un vino dal bel colore giallo paglierino con pagliuzze dorate e che a livello olfattivo  unisce frutta, limone maturo e pera ad una mineralità raffinata. In bocca è un capolavoro di bilanciamento tra grassezza ed acidità, con sensuali e lievi note burrose ed erbe aromatiche in una bocca rivestita di una finezza oleosa e di un finale lungo e appagante. Vino elegantissimo che denota tratti quasi nobiliari e che non ho potuto fare a meno di abbinare al moschettiere Athos.

Ho giocato, divertendomi ad effettuare questi incroci, ma quel che è contato nella bellissima serata borgognona è stato quello di aver degustato delle opere d’arte, dei vini resi celebri dalla storia millenaria di una terra magica, così come è celebre il romanzo di Dumas che, ancora una volta mi ha lasciato pronunciare la fatidica frase…..”uno per tutti e tutti per uno”!!! 

Evviva i bianchi di Borgogna.