Oh, quanta strada nei miei sandali
 Quanta ne avrà fatta Bartali
 Quel naso triste come una salita
 Quegli occhi allegri da italiano in gita…..

L’inizio del testo della canzone “Bartali”, magistralmente composta ed inserita nell’album del 1979 “Gelato al limon” di Paolo Conte, ultimo poeta colto e malinconico del cantautorato italiano, descrive in pochi versi la figura del mitico campione di un ciclismo eroico, che ormai non esiste più.

Un uomo che, oltre ad aver alimentato il dualismo con il grande Fausto Coppi, è riuscito nella sua ventennale carriera, interrotta nel mezzo dal conflitto della seconda guerra mondiale, ad accumulare un palmares di vittorie impressionanti: 3 Giri d’Italia, 2 Tour de France, 4 Milano-Sanremo, 3 Giri di Lombardia oltre ad altre 111 corse su 836 gare disputate. 

Curzio Malaparte, scrittore, giornalista e saggista italiano, nel 1949 scrisse:” In Bartali, nato da una famiglia di agricoltori toscani, prevale il contadino, con la sua mistica elementare, la sua fede in Dio, il suo attaccamento ai valori tradizionali della terra»” ed è forse per questo motivo che in un periodo storico, in cui nel paese i venti di guerra soffiavano nefasti, giovani ed anziani si riconoscevano in lui, gioendo delle sue imprese e cercando un eroe a cui aggrapparsi per riscattare una vita di umane miserie.


…E vai che io sto qui e aspetto Bartali
 Scalpitando sui miei sandali
 Da quella curva spunterà
 Quel naso triste da italiano allegro….

Bartali solitario in salita

Mio padre, classe 1929, pur ammirando Coppi, tifava Bartali e ricordo, che a volte, mi raccontava le sue gesta sentite alla radio, quando l’Italia intera si fermava, nelle tappe alpine del Giro d’Italia o in quelle pirenaiche del Tour de France. Il ricordo è ancora più dolce, perché lo ascoltavo mentre imbottigliavamo il vino nei tipici fiaschi impagliati di una volta, quando col mio sguardo ingenuo di bambino, vedevo la damigiana talmente grande ed alta che la visualizzavo come una montagna da scalare, dove il “Ginettaccio” l’affrontava divorandola voracemente.

Toscano, brontolone, scorbutico e profondamente cattolico; si dice che in ritiro, in camera, si concedesse una sigaretta e sul comodino tenesse sempre un bicchiere di vino rosso. Potrei scommettere che fosse Sangiovese toscano ed un “cristiano”, come lui si definiva, non poteva che bere un vino che storicamente sembri derivare da San Giovanni, o facendo riferimento ad altre forme dialettali da “san giovannina”, uva primaticcia, dato il suo precoce germogliamento. 

Appesa la bici al chiodo, Bartali, dopo una parentesi come direttore sportivo, è stato per decenni al seguito della carovana del Giro d’Italia e sovente, nelle interviste del dopo tappa, immancabile era una sua frase, passata presto alla storia: “l’è tutto sbagliato, l’è tutto da rifare!”.

Questa stessa frase, penso l’abbia pronunciata un’altra toscana d.o.c., Giulia Morganti, proprietaria del Podere le Boncie, nel momento in cui ha deciso di non richiedere più la D.O.C.G. Chianti Classico.

Un peccato o una presa di posizione in un mondo in cui si assiste sovente ad una deriva enologica di standardizzazione dei vini? Io, caratterialmente battagliero, mi schiero dalla parte di Giovanna, anche in considerazione del fatto di aver avuto la possibilità di visitare il Podere le Boncie, a margine della Ecomaratona del Chianti, umilmente corsa nel 2017, a Castelnuovo Berardenga, per certi versi eroica come una corsa di bartaliana memoria. 

Siamo nel centro della Toscana vinicola, in piene strade bianche e lo spirito di questa azienda è puro attaccamento ai valori della terra, assecondandola nella maniera più naturale possibile, allevando vigneti ad alberello su suolo sassoso e calcareo, con un’agricoltura contenitiva e non espansiva e permettendo alle foglie di avere la massima luminosità ed il rispetto della pianta. Non hanno il rigore delle altre vigne allineate quasi forzatamente ed hanno una forma di potatura che permette sempre la sanità del legno. La stessa naturalità è svolta in cantina, dove il Sangiovese viene accudito con amore partendo dalla fermentazione spontanea in tini aperti per circa 20 giorni e con ripetute delicate follature. Nessuna chiarifica, solforosa minimale e tanto tanto rispetto.

Il vino di punta dell’azienda è il Le Trame, che ho degustato nell’annata 2013 di 13,5° vol. abbinandolo a ravioli al tartufo e ad un arrosto. 


Aperto un paio d’ora prima di essere servito alla temperatura di 19° gradi; tappo compatto di cm. 4,7. Versato nell’ampio balloon da degustazione si presenta di colore rosso rubino intenso, cromaticamente giovanile. 

Al naso immediate sensazioni terrose e funginee, lasciano il posto a frutta rossa di mirtillo e mora selvatica ed a seguire una tenue nuance tartufata si mescola ad effluvi ematici in un contesto di profumi complessi e mutevoli.

In bocca è abbastanza morbido, in presenza di un tannino non totalmente svolto, segno che il vino potrà evolvere ancora per anni, ammorbidendosi ulteriormente, rilasciando una completa terziarietà. E’ comunque ampio, rotondo e armonico ed è sorretto da una bella mineralità su di una spalla acida ben presente; la frutta rossa si ripresenta con costanza al palato. E’ persistente e si sente. Parafrasandone il nome è un ordito di trame gustative che si sovrappongono e si intersecano in modo armonioso, originando un Sangiovese d’antan, genuino, schietto ma soprattutto fedele al terroir e ad una mano incontaminata, ligia a rispettarne e ad assecondarne la natura. 

Questo vino ha la caratteristica di porre in evidenza l’enorme potenzialità dei rossi toscani, da anni un po’ offuscati, a mio parere, dai Supertuscan, che per motivi di marketing sembrano solo legno e morbidezza a go-go. Ho la presunzione di pensare che in una degustazione alla cieca, in mezzo a tanti rossi francesi, questo vino potrebbe riservare delle belle sorprese, come quella riservata da Bartali, che nel 1948 a 34 anni, a distanza di 10 anni dal suo primo Tour de France, riuscì a compiere l’impresa di arrivare primo sui Campi Elisi lasciando il secondo (francese) con 20 minuti di distacco.

Tanto è vero che…………  


……..E i francesi ci rispettano
 Che le balle ancora gli girano
 E tu mi fai, dobbiamo andare al cine
 E vai al cine, vacci tu…….


Bartali – Paolo Conte (1979)

https://www.youtube.com/watch?v=La5JBSEdIe0

Il grande Gino Bartali