Un anno è un secolo, 365 croci
E la tua privazione
Mi taglia la testa
Uomo col fucile
Prigioniero della tua bandiera
E corri in tondo, testa in fumo
E' la prima guardia…..
(Prima guardia – 1993 Litfiba)
Nel 1980, nonostante la mia giovane età, ero un quattordicenne già plasmato dalle correnti musicali dei Led Zeppelin e dei Deep Purple, e dalle influenze rock che mio fratello, più grande di me di tre anni, mi inculcava giornalmente.
Il panorama italiano offriva veramente poco e la nascita in quell’anno di un gruppo come i Litfiba aveva portato una ventata di novità e di freschezza in un ambiente vetusto, da terzo mondo musicale, dove la melodia tradizionale la faceva ancora da padrona. I Litfiba, sono considerati come la più importante ed influente rock band della storia della musica italiana in una carriera conclusasi da poco, dopo 42 anni di attività. Figure chiave della formazione, sin dagli albori sono stati Ghigo Renzulli e Piero Pelù che, negli anni hanno saputo coniugare le iniziali atmosfere dark britanniche degli anni ’80 con il pop-rock degli anni ’90, raggiungendo in quel periodo il loro apice discografico e di notorietà.
Nel 1999 Pelù lascia il gruppo per intraprendere una carriera solista, al contempo Renzulli prosegue con il marchio Litfiba con nuovi membri. L'11 dicembre 2009 viene annunciata la reunion tra Renzulli e Pelù tramite un comunicato sul sito ufficiale del gruppo. Il concerto finale si è svolto al Mediolanum Forum il 22 dicembre 2022.
Recentemente, sulla mia stazione radio preferita (Virgin Radio) ho riascoltato per puro caso un loro successo datato 1993 dal titolo “Prima guardia” che mi ha inevitabilmente fatto riaffiorare dei ricordi indelebili che hanno segnato per sempre la mia esistenza.
Nei primi giorni di agosto del 1986 sono partito per il militare ed ho trascorso sia il C.a.r., sia il resto della mia permanenza a Merano, alla Caserma F. Rossi di stanza al V° Battaglione Alpini Edolo, scaglione 6/86. Sono rimasto per tutto l’anno un soldato semplice, incarico “scritturale” – Ufficio Rifornimenti, ma l’impiego d’ufficio non mi ha sottratto dal fare una “polveriera” e la bellezza di 40 guardie.
Le guardie, soprattutto la prima, mi sono rimaste addosso, come una cicatrice cucita sulla pelle e capita che, nonostante siano trascorsi quasi 40 anni, con la mente torno indietro nel tempo ed è quasi impensabile che, ogni qualvolta ci penso, riaffiorino sensazioni e profumi, come se fossi ancora là.
Quelle che ricordo meglio, sono quelle invernali con temperature rigidissime, come quella volta che tirava un vento gelidissimo ed il termometro segnava -22° sotto zero. Mi sembra ancora di sentire l’odore della canna del fucile del Fal alpino BM59 calcio pieghevole ed avverto quella sensazione di freddo che ti tagliava il viso e che ti entrava nelle ossa e quando smontavi di guardia facevi fatica a toglierti di dosso l’umidità interna ed il gelo che avevi accumulato durante la notte. Ricordo che tra un turno e l’altro, al corpo di guardia, ci rifocillavamo con quello che trovavamo all’occorrenza, quasi sempre wurstel freddi e cordiale, liquore confortante e ristoratore, che scendeva in un nano secondo, ti bruciava dentro dandoti l’illusione di poterti riscaldare, ma non era affatto così. Forse, se avessi trovato una bottiglia di bianco altoatesino, di quelli fatti a regola d’arte, avrei avuto maggior soddisfazione, se poi fosse stato il Sylvaner annata 2020 di 13,5° vol. di Thomas Dorfmann, la nottata sarebbe trascorsa molto meglio. Di questo ne sono sicuro.
Viticoltore della Valle Isarco, ha realizzato il proprio sogno nel 2018 occupandosi a tempo pieno della tenuta vitivinicola che in passato gestiva come attività complementare. Vasta esperienza in qualità di cantiniere e la fortuna di aver ereditato dai genitori vigneti con un’esposizione molto favorevole, assicurano alla sua attività eccellenti condizioni di base per dare origine a vini territoriali e caratteristici. Tutti i vigneti sono coltivati a Untrum, frazione più meridionale del comune di Velturno, su pendii scoscesi con pendenze tra il 40 e il 70% ad un’altitudine compresa tra i 550 ei 650 metri s.l.m.; tutti sono delimitati da solidi muri in pietra naturale, una sorta di clos per dirla alla francese, una superficie vitata con terreni che presentano materiali detritici ricchi di diorite, ghiaiosi e permeabili, tutte caratteristiche che permettono di ottenere vini eccellenti.
Non fa eccezione il suo Sylvaner ( un’uva a bacca bianca originaria dell'Europa centrale come discendente di Österreichisch Weiss e Traminer) che, versato nel bicchiere di degustazione (tappo a vite) si presenta cromaticamente di un bel colore giallo pallido con riflessi verdolini sull’unghia, limpido e uniformemente brillante.
Il naso è piacevolissimo, attraversato da sentori fruttati di mela renetta e pera Williams, ma anche da caratteristiche note floreali di glicine e fiori di sambuco ed ulteriormente roteato nel bicchiere emana intensi profumi di fieno appena tagliato ed erbe di montagna. In bocca è piacevolmente fresco, aromatico ed esprime tutta la tipicità dei vini di montagna, riprendendo al gusto, quasi scolasticamente, le note fruttate e floreali avvertite olfattivamente.
Bella persistenza in un contesto di delicata raffinatezza e di piacevolezza di beva appagante nella sua accennata sapidità, al punto che il vino, nella bottiglia, si esaurisce in breve tempo.
Un produttore, forse poco noto, ma che dimostra di saperci davvero fare; una bella scoperta.
Io mi verso ancora un altro po’ di questo Sylvaner ascoltando in sottofondo le note della canzone dei Litfiba inondato dai ricordi e tutti quei momenti, prima o poi, andranno perduti nel tempo come lacrime nella pioggia…..