We could live
 For a thousand years
 But if I hurt you
 I'd make wine from your tears

(Never tear us a part- 1987 INXS)


Quando rientro la sera, dopo una giornata di lavoro, sono solito rilassarmi prima di cena ascoltando della buona musica, sia in stereo, sia in vinile e visto che ho trascorso la mia giovinezza negli anni ’80, sintonizzandomi su You Tube  per riguardarmi i video musicali, quelli di un tempo.  

Ieri sera 09/12 mentre ero beatamente disteso sul mio comodo divano di casa, attendendo il desinare ed assorto nei miei mille pensieri, riflettevo sulla nefasta ricorrenza dei 27 anni trascorsi dalla morte di mio padre. Il 1997, purtroppo, è un anno che non potrò mai dimenticare e senza saperlo sono stato assalito dai due maggiori tiranni del mondo: il caso e il tempo.

In quel preciso istante, decisamente triste, la casualità ha voluto che iniziasse una delle canzoni più belle degli INXS e del suo compianto leader Michael Hutchense, scomparso il 22 novembre 1997, 17 giorni esatti prima del mio caro genitore. Mi ricordo quel giorno, come se fosse ieri, perché la notizia della sua morte mi colpì per il fatto che venne trovato col collo stretto in una cintura che pendeva dalla maniglia della porta della camera 524 dell’albergo Ritz Carlton di Sidney. Il verdetto del medico legale fu suicidio, ma le dinamiche non furono mai del tutto chiarite.

La canzone in sottofondo è “Never tear us apart”, inserita nel sesto album (forse il più riuscito della band australiana) dal nome Kick; tra l’altro, nel corso degli anni sono state fatte ripetutamente delle cover e a mio avviso quella più interpretativa è di Joe Cocker in un live del 2002.

Il testo potrebbe apparentemente identificarla come una mera canzone d’amore tra due persone, ma rileggendolo attentamente nella sua traduzione in italiano, questo sentimento è talmente intenso e praticamente indissolubile, al punto che, nonostante i contrasti e le insidie occorse lungo il percorso, niente e nessuno riuscirà mai a separarle. 

Il versetto introduttivo di questa recensione, che ho voluto fortemente rimarcare, esprime a mio modo di vedere una delle più belle metafore insite in una canzone:

…Potremmo vivere

per mille anni

ma se ti faccio male

farei vino dalle tue lacrime. 


L’amore è talmente profondo che i due individui della canzone potrebbero vivere insieme per sempre e se la persona amata fosse ferita, l’artista si prenderebbe cura di lei, trasformando le sue lacrime in vino….

In questo contesto, il vino è la vera metafora del conforto e dell’Amore, quello con l’A maiuscola. 

“Never tear us apart” è stata scritta da Hutchense per Michele Bennet, la sua ragazza, ma ironia della sorte, quando la canzone uscì nel 1987, i due si erano già lasciati….

Tutto passa, ma l’amore resta nell’aria e se penso a questo brano e a quel “farei vino dalle tue lacrime” ho in mente solo un vitigno che identifico nell’amore puro, ossia lo Chardonnay!!

Non ho potuto fare altro che scendere in cantina e togliere dallo scaffale uno dei miei Chardonnay preferiti, uno Chassagne Montrachet, in questo caso di Jean Philippe Fichet nell’annata 2020 di 13,5°vol.

Siamo a Meursault, nel cuore della Cote de Beaune, all’interno della Cote d’Or borgognona dove albergano i migliori vini bianchi al mondo, base Chardonnay in purezza e dove ha sede il domaine di Jean-Philippe, che rappresenta la terza generazione famigliare di vigneron. La sua convinzione è la seguente: la qualità di un vino dipende soprattutto dalla qualità del lavoro in vigna. Il sottosuolo e il suolo svolgono un ruolo fondamentale nello sviluppo della vite, oltre che sulla qualità del vino ottenuto dalle uve. Per questo lavora maniacalmente ogni suo appezzamento di vite dal periodo della potatura fino alla raccolta delle sue uve.

Il lavoro in vigna resta molto manuale, è un lavoro preciso che richiede manodopera qualificata. Le viti vengono monitorate fino ad agosto al momento dell'invaiatura, durante questo periodo vengono tagliati a mano i cuori in modo da arieggiare adeguatamente gli acini. Le vendemmie verdi possono essere effettuate in base al carico di ciascuna pianta (da 6 a 7 acini) a seconda dell'annata. Le viti vengono arate tradizionalmente per rispettare il terreno. L'azienda produce il proprio compost naturale da circa quindici anni.

Fin dalle sue origini ha adottato una coltura ragionata ed infatti Jean-Philippe ha sempre attribuito grande importanza all'impatto ambientale rispettando quindi la natura e trattando solo in presenza di una forte presenza di malattie. Per andare ancora oltre in questo approccio, l'azienda è ora in modalità di coltivazione biologica.

Relativamente alle vendemmie, le uve di ciascun appezzamento vengono pigiate mediante due “presse pneumatiche”.

Il succo confluisce nelle maie, quindi viene lasciato per 10-12 ore in una vasca per consentire alle fecce di depositarsi. Il Domaine effettua le sue analisi che vengono poi convalidate da un laboratorio autorizzato. 

Il mosto così chiarificato viene poi trasferito in botti di rovere da 228 litri – 350 o 600 litri ed è qui che avverrà la fermentazione alcolica e successivamente quella malolattica. Per 11 mesi il vino rimarrà in botti prima di essere travasato e poi assemblato in tini in appositi locali per un periodo di circa 6 mesi al fine di preservare la freschezza del vino.

Ma veniamo alle note di degustazione. 

Ogni volta che mi accingo a sorseggiare uno Chardonnay della Cote de Beaune mi lascio assalire dall’emozione anche se cerco di mantenere la giusta concentrazione per poter capire al meglio il vino che ho innanzi a me e che, in questo caso, si svela in tutta la sua bellezza cromatica con un bel giallo paglierino mediamente carico e con una lucentezza scintillante.

Non occorre avvicinare il naso all’ampio balloon perché sono i profumi che vengono a trovarti con iniziali accenni idrocarburici, di polvere da sparo e di resina, che lasciano successivamente spazio ad aromi fruttati di pera Fètel ed agrumati di limone maturo, note di nocciole tostate, di rovere e per chiudere si viene ammaliati da sensualissime fragranze di confetto e di burro che richiamano l’infanzia e le feste.

In bocca è semplicemente strepitoso!! E’ una coccola, vagamente oleoso e salivante che induce a una continua beva; elegante, raffinato e con grande densità e struttura, pervaso da uno straordinario ed avvolgente corollario di sapori ricchi, profondi e persistentemente lunghi. Il finale è intriso da un mix di sensazioni agrumate, burrose e con un retrogusto d’amande (per dirla alla francese). E’ quasi commovente, come le lacrime della canzone….

Un village che trovate sugli scaffali a 70 euro, spesi benissimo, perché ha la qualità di un premier cru!! Un vino che si può benissimo bere ora ma che può restare in cantina ancora per 3/5 anni, uno dei migliori Chassagne Montrachet degustati in questo 2024 e che confermano il talento di Fichet, un vero fuoriclasse!!!!

Mentre riguardo il video di questa canzone, girato a Praga , vagamente noir e decisamente malinconico, sorseggio ancora un po’ di questo Chassagne Montrachet e penso che il rapporto che Fichet ha con le sue vigne è indissolubile come il più grande Amore, che, a differenza di quello umano non sa essere a volte ingannevole……