E' passato un anno esatto dalla nostra esperienza in Borgogna e Champagne e come catapultati dalla macchina del tempo, ci ritroviamo, come per incanto, a rinverdire i fasti del passato, alla scoperta dei vini bianchi in terra di Alsazia. Ad onor del vero, ci eravamo lasciati, entusiasticamente, con la giurata promessa di ripartire con una spedizione più complessa e dal sapore antico nelle lande bordolesi, ma, per molteplici motivi di carattere familiare, abbiamo dovuto desistere, deviando verso una meta apparentemente più semplice. Ho la sensazione, strana, di non essere mai tornato a casa, come un novello Ulisse pellegrino in luoghi lontani, ma di aver idealmente continuato un misterioso viaggio, di sicuro appassionante e faticoso, tanto è vero che con il buon amico fraterno Paolo, abbiamo indegnamente coniato l'ormai celebre detto: "E' duro il mestiere del degustatore!!!".
Dal nostro ultimo viaggio in Borgogna e Champagne, alcune cose sono inevitabilmente cambiate, sia a livello personale che a livello tecnico. Abbiamo acquisito la consapevolezza di essere maturati enologicamente al pari di una buona bottiglia di Borgogna, posta coricata in una cantina millenaria e nel frattempo abbiamo inaugurato la nostra libera associazione enoculturale denominata Priorato di Bacco, egregiamente presieduta dal gran Priore Mario.
Ed è proprio con il membro "anziano" che ci apprestiamo a vivere una nuova esperienza che dovrebbe nuovamente arricchirci di preziosi significati enologici.
Tralasciamo gli estenuanti preparativi, volti sia all'accurata selezione di alcuni viticultori, sia alla mera preparazione logistica della spedizione d'oltralpe ed immergiamoci direttamente nell'avventura.
Puntuale come un orologio svizzero, il buon Paolo si presenta al rendez- vous con la sua nuova auto di colore nero, lucidata a dovere e ritirata da pochissimi giorni, una Suzuki Gran Vitara confortevole e di sicuro affidamento. Non poteva avere battesimo migliore!!
La destinazione alsaziana, punto di partenza delle scorribande enologiche, è Colmar, distante dall'amato paese italico c.ca 400 km. Il viaggio è da considerarsi di breve durata, ma l'attraversamento in terra elvetica con evidenti limiti di velocità, protrae di almeno un'ora la percorrenza temporale. Verso mezzogiorno giungiamo a destinazione, all'hotel Novotel in zona periferica di Colmar, nelle vicinanze di una pista di atterraggio per piccoli aerei da turismo, ribattezzata dallo zio Mario il piccolo aeroporto J.F.K.. Dall'esterno, il complesso non ci pare esaltante, ma da bravi boyscouts ci adattiamo, visto che dobbiamo passarci solo la notte. La mademoiselle alla reception fa pendant con l'hotel; sfortuna vuole che ci imbattiamo con una neo-assunta che, prima asserisce che non c'è alcuna prenotazione a mio nome (mi si raggela il sangue!!), poi, una volta verificatane l'esistenza, ci dice che non abbiamo pagato, ed infine, appuratone il pagamento, su mio inequivocabile disappunto, ci fa capire di essere ben poco sveglia e con nonchalance cerca di esternare tutta la sua simpatia che, purtroppo, va di pari passo con i suoi modi oltremodo impacciati. Da ultimo, per farsi perdonare, si fa letteralmente carico dell'intero bagaglio e con uno sforzo erculeo ce lo porta fino alla soglia della camera 342. Per entrare in camera con il pass elettronico necessitava una laurea in ingegneria fisica o quantomeno un buon libretto di istruzioni, possibilmente in italiano; dopo molteplici tentativi, compreso il nostro unisono grido di "Apriti Sesamo" la porta si aprì facendoci intravedere un'area confortevole. Unico neo, il Wc, corpo non compreso nel bagno ma posto in un angusto locale cieco da noi subito denominato "camera a Gas". In quell'istante venne alla memoria il detto:" Chi ben comincia è a metà dell'opera!!". E allora incominciamo.
Leggermente affamati, riprendevamo il mezzo meccanico dirigendoci a Colmar pronti ad ingurgitare qualche specialità francese. Colmar (la zona centrale) è un'amena cittadina. caratterizzata da vie acciottolate fiancheggiate da case dai tetti spioventi, con travi a vista e dai colori tenui; si è come immersi in un paesaggio fiabesco e si torna a ritroso nel tempo con la sensazione di vedersi sbucare da un momento all'altro una carrozza o meglio un semplice carretto trainato da un cavallo, pieno di fieno o traboccante di uva. A renderla ancora più affascinante, un canale, un tempo navigabile che proporzionalmente parlando la fa rassomigliare ad una piccola Venezia. La vita, sembra scorrere a rilento, senza particolari problemi e pare di vivere in un paesaggio idilliaco. Vista con l'occhio del turista, è incantevole e ti mette nell'animo serenità e pacatezza.
Ci rifocilliamo in un bistrot con una salade ed un buon bicchiere di Riesling, giusto per iniziare a farci la bocca, in attesa della prima degustazioe al Domaine Weinbach di Kaysersberg.
Agevolati dal progresso e in particolare dal navigatore satellitare in dotazione al nostro fuoristrada, raggiungiamo la prima tappa di degustazione, ovvero Kaysersberg; la maggior parte dei paesi alsaziani tradisce una matrice teutonica visto che questa terra ha avuto in alternanza dominazioni tedesche e francesi fino a diventarne ufficialmente terra dei nostri cugini dopo la fine della prima guerra mondiale. E' stato comunque difficile arrivare direttamente al Domaine Weinbach, sia perche' l'indirizzo del sito non veniva letto dal navigatore, sia per involontari depistaggi di alcuni nativi, probabilmente influenzati da una nostra poca comprensione delle indicazioni. A quel punto, abbiamo dato fondo all' acume orientativo ed in breve tempo abbiamo raggiunto ladestinazione.
Il Domaine, cintato da un clos (muretto), in qualche modo e' un dejà-vous, ovvero ci ricorda il ben più noto Clos de Vougeot in terra borgognona ed un senso di compiacimento e di sicurezza pervade le nostre anime alcoliche. All'interno del clos, oltre al vigneto allineato in modo perfetto vediamo aprirsi ai nostri occhi una tenuta, che, nonostante sia ben curata, tradisce allo stesso tempo un certo non so che di nobilta' un po' decaduta o quanto meno ridimensionata dall'influsso rivoluzionario post-napoleonico. Il sole splende alto nel cielo; la temperatura e' piu' estiva che primaverile, non così consueta a queste latitudini. Il tempo di parcheggiare il mezzo, sgranchirsi le gambe ed immortalare il momento con fotogrammi semiprofessionisti di Paolo , e ci ritroviamo davanti all'uscio della padrona di casa: la fantomatica madame Colette Faller. La madame, dal 1979, anno della morte del marito, gestisce l'intero domaine Weinbach.
Ci accoglie con "savoir faire" e con un pizzico di "noblesse-oblige". Una donna ormai sulla settantina, austera, tutta di un pezzo, nonostante il suo candido vestito bianco di lino impreziosito da alcuni ricami di piccoli fiori colorati di campagna. Truccata e con una bianca acconciatura ben curata incute un po' di timore reverenziale. L'interno dell’abitazione e' impreziosito di mobili antichi, che sotto certi versi appesantiscono un po' l'ambiente. Su uno di questi fanno bella mostra alcune fotografie ritraenti presumibilmente la figlia, una bella donna all'incirca trentacinquenne. Dopo alcuni convenevoli di rito, chiediamo di poter iniziare la degustazione e con mio rammarico mi rendo subito conto che l'annata 2004 (una delle migliori dell'ultimo decennio) e' come dicono loro "epuise' "(esaurita). Ci concentriamo sul Grand Cru Schlossberg nella cuvee' S.te Catherine e nell'ordine assaggiamo Pinot Gris, Riesling e Gewurtztraminer nella versione 2005. I vini, ci vengono versati nei caratteristici ballons alsaziani, ovvero bicchieri di piccole dimensioni con lo stelo colorato di verde. I primi due sono sicuramente vini olfattivamente di raffinata finezza floreale e dal gusto fruttato, ma delicato, costosi, forse troppo, ma in questo caso parte del prezzo e' compensato dal nome del domaine, sinonimo di garanzia nel territorio alsaziano. Menzione a parte per i Gewurtztraminer, ne assaggiamo addiritura 3 di diversa profumazione e impatto gustativo. i Gewurtztraminer alsaziani sono di difficile beva per il palato italico, ovvero sono troppo dolci ed in alcuni casi stucchevoli, differenti dai cugini altoatesini piu' secchi e meglio bevibili. Nonostante la buona qualita' dei vini e con un occhio ai prezzi non competitivi acquistiamo solo 6 bottiglie di differenti qualità, provocando nella madame un certo disappunto ed un atteggiamento quasi di superficialità nei nostri confronti. In Alsazia esiste una sorta di concezione del cartone ovvero per ogni tipo di vino acquistato dovresti prenderne almeno un cartone da 6 bottiglie e non una sola bottiglia; e' il primo produttore e viene fuori l'anima commerciale di questi alsaziani, che a differenza di quelli borgognoni non si preoccupano di farti visitare la cantina o addirittura il vigneto dove giorno dopo giorno con fatica, caparbietà e pazienza mirano ad ottenere il loro prezioso sostentamento.
Da questo punto di vista, sono un po' strani, meno romantici, meno poetici di altri viticoltori che prima ancora di metterti davanti il prodotto finito cercano di meravigliarti portandoti a vedere la vigna, facendoti toccare con mano la terra grassa, mineralizzata, argillosa o calcarea che sia, raccontandoti, se possibile, aneddoti di vita contadina. Qui, non si preoccupano di farti vedere i loro tini parlandoti di fermentazione alcolica o malolattica, di controllo delle temperature, di battaglie continue contro i parassiti della vite, qui, in questa bella terra, l'importante è farti degustare e degustare per passare poi all'acquisto. Va bene così, ci adattiamo e proseguiamo. La prima sensazione, comunque è che ci troviamo davanti a buoni vini bianchi, differenti da quelli italiani, con un diverso bouquet e sicuramente con una maggior finezza. Parzialmente soddisfatti (si trattava del primo produttore apripista) decidevamo di andare oltre nel paese di Orschwir per passare ad una nuova degustazione visitando il viticultore Welty.Avevamo la sensazione che visitando un piccolo produttore avremmo potuto scoprire qualcosa di nuovo, un prodotto forse meno altisonante, ma sincero, forse piu' umano. Un piccolo produttore che avevo selezionato lasciandolo di scorta nonostante mi avessero incuriosito le belle recensioni soprattutto sulla produzione dei gewurtztraminer.
Il paese di Orschwir e' in fotocopia a quello precedente, per arrivarci attraversi distese di vigneti uno in fila all'altro, curati in modo maniacale. con i filari allineati come un esercito sul campo di battaglia, dai tralci possenti, più alti rispetto a quelli visti e rivisti nella splendida Borgogna. Il match tra i due diversi territori sarebbe sicuramente duro e la battaglia aspra e forse alla fine non avremmo nemmeno un vero vincitore. E' piu' forte di noi, troppo spesso torniamo sui nostri passi ed inevitabilmente ci mettiamo a fare paragoni tra la Borgogna e la nuova meta alsaziana. Non va bene. E' improponibile un paragone tra i due territori iniziando dal fatto che in uno prevalgono i vini rossi e nell'altro quelli bianchi, in uno le botti di rovere, nell'altro i tini d'acciaio, in uno i terreni calcarei nell'altro quelli argillosi /calcarei e marnosi etc. etc.Dobbiamo riprometterci di non ritornare sull'argomento.
Il tempo, a lunghi tratti soleggiato si sta guastando, ma non ci facciamo troppo caso anche perchè la vicinanza della nuova meta ci mette nella condizione di doverci concentrare solo ed esclusivamente su questo nuovo produttore. Entriamo a bassa velocità nel paesino di Orschwir ed in lontananza compaiono ai nostri occhi madre e figlio intenti ad armeggiare all'esterno della cantina. Entriamo e subito ci sentiamo in sintonia con loro; ci accorgiamo dal diverso atteggiamento della sig.ra Welty di esserci imbattuti in persone più semplici, cordiali e alla mano. Con molta dimestichezza ci fa accomodare nella saletta di degustazione e gentilmente ci chiede quello che vogliamo assaggiare. Intanto compaiono anche le altre due figlie, eredi della continuazione enologica di casa Welty. Per la prima volta in cima alla lista dei vini con i relativi prezzi vedo il Sylvaner ad un costo molto basso e per un'errata concezione commerciale, mi ostino a pensare che possa essere di scarsa levatura e non ne chiedo l'assaggio. Che sbaglio, non è da me; a volte mi batterei il capo e se potessi ritornerei sui miei passi. Pazienza.
Da Welty, ci lasciamo prendere troppo dalle degustazioni e assaggiamo un'infinità di vini, dai floreali Riesling , buoni almeno un paio, il base 2004 ed il Grand Cru 2002 , al Pinot Gris, al Gewurztraminer, da quello molto dolce, a quello meno dolce, a quello base piu' secco del 2004, di buona levatura, con una giusta ed equilibrata aromaticità ed un gusto di miele selvatico ed albicocca, ad un cremant (spumante alsaziano) che servito non troppo fresco "stomaca" leggermente lo zio fino a concludere con un paio di pinot noir solo ed esclusivamente su mia sfiziosa richiesta. Sono partito, pensando, una volta informatomi sul campo, che qualche produttore alsaziano mi avrebbe stupito facendomi assaggiare un buon pinot noir, una volta tanto non vinificato in rose', come si fa da queste parti e con una buona gradazione alcolica anzichè gli 8/10 gradi usuali in queste latitudini. Al di là del fatto che quelli assaggiati ci sono stati serviti ad una temperatura troppo bassa e che l'annata prescelta dalla signora Welty (2005) si è dimostrata troppo giovane, ho mio malgrado dovuto constatare che non sono all'altezza dei migliori pinot noir borgognoni ed ho quasi subito desistito nella degustazione.
Prezzi onesti e prodotto di buona fattura ci hanno convinto ad acquistare un totale di 14 bottiglie prediligendo Riesling e Gewurtztraminer, quest'uitimo nella versione Bollengher 2004, un cru con una buona esposizione solare e di buona beva per il nostro palato abituato alla versione meno dolce con un gusto si fruttato ma non eccessivamente invadente, meno esotico. lo zio, ancora una volta, ci conferma di prediligere il Riesling ai Gewurtztraminer, troppo aromatico, di difficile beva e stucchevole al suo palato e ci fa capire di non sopportarli tralasciandoli nelle degustazioni. Questo atteggiamento è sintomatico perchè ci conferma ancora una volta che il piacere di un vino e' comunque soggettivo ed ogni palato e' un mondo a sè.
Degustiamo e dialoghiamo nel nostro francese volgare, quasi gallico e conversando ci accorgiamo che questi francesi non hanno ancora digerito la sconfitta ai campionati del mondo di calcio e che Materazzi è ancora un incubo notturno difficile da cancellare; adorano il mare italiano e ci chiedono informazioni sui luoghi in cui trascorrere le vacanze estive. Una bella famigliola di provincia come ce ne sono tante, con la loro vita che scorre come un fiume su dolci pendii collinari e che si gode il tragitto che li porterà lentamente verso il mare. Per molti, la loro vita ed il luogo in cui la trascorrono potrebbero non avere significato, ma ce l'hanno per me, che forse non conto niente, ma intriso di incredibile nostalgia che mi pervade il cuore e mi strugge, riesco ad apprezzarne la bellezza della sua semplicità. E' molto probabile, che il mio occhio turistico mi distragga dai problemi che comunque incombono giornalmente su di loro, ma io mi sento così e non posso farci niente.
La giornata, stancante, (siamo in piedi dalle 6 del mattino) giunge al suo declino; nel frattempo, mentre percorriamo la via del ritorno, ci imbattiamo in una strana pioggia, violenta in alcuni tratti e dolce in altri. L'aria si sta rinfrescando, un po' d'acqua fa sicuramente bene anche ai vigneti, che stanno convivendo con una stagione sin qui molto simile a quella del 2003, dove il caldo (in francese la canicule) l'ha fatta da assoluto padrone. il tempo di rientrare, farci una doccia rigenerante, guardare i primi ballottaggi politici per la rincorsa all'Eliseo tra la pulzella Segolaine Royale ed il contendente Nicolas Sarkosy, per poi nuovamene uscire alla ricerca di un posto per rifocillarci a dovere. Memori dell'esperienza borgognona, sulla strada percorsa nel pomeriggio verso la cittadina di Kaysersberg, ci eravamo imbattuti in un Buffalo Grill, ristorante della catena omonima con specialità di carne alla griglia, già sperimentato e di sicuro affidamento. Unanime la decisione di ritornarci. Imboccando la route de Strasbourg, appena fuori l'hotel, lo zio ci fa notare di trovarci in qualche modo a New York, ovvero, nelle vicinanze avevamo il piccolo aeroporto ribattezzato J.F.K., superando la prima rotonda ci imbattevamo in una ridimensionata statua della Libertà ed in piu' stavamo andando a mangiare al Buffalo Grill. Più Yankee di così.....
Ottima la cena a base di costate di manzo da 430 grammi al sangue, per me e lo zio e da una similare di dimensioni ridotte, 380 grammi, ben cotta per il fido Paolo, accompagnate da abbondanti patatine fritte e da 3 fresche birre Bud.
Il tempo faceva ancora le bizze. La sera è stata intervallata da scrosci improvvisi seguiti da rasserenamenti del cielo; siamo tranquilli anche perchè il meteo riporta per il giorno seguente buone condizioni.
Rientriamo all'ovile, satolli, il tempo di farci un giro di cognac e ci addormentiamo pensando alla giornata seguente. La notte passa tranquilla, inframezzata da alzate a turno per berci un sorso di acqua fresca. Ci svegliamo presto. Forse perche' non ci siamo coricati tardi, forse perchè non era il nostro letto o piu' semplicemente perche' al contrario del detto, la mattina, noi siamo dei leoni.
Alle 7,40 ci apprestiamo a farci una bella e sana colazione continentale infarcita di pane, wurstel, salame, prosciutto, formaggio, sidro, tea, caffè, brioches etc. etc. Il detto contadino che: "a pancia piena si ragiona meglio" è una grande e saggia verità. Il programma del secondo giorno si articola su due visite, ovvero alle ore 10.00 alla Maison Kuentz-Bas e a seguire da Seppi Landmann. Il pomeriggio l'avremmo riservato alla visita di qualche altra cittadina e ad una più accurata alla città di Colmar.
C'è qualcosa che non mi convince. Parlando con i due priori, esterno queste sensazioni: sentivo che la giornata precedente non ci aveva appagato completamente e dato che il giorno seguente avremmo fatto ritorno a casa, era troppo importante ottenere la massima soddisfazione possibile per poter lasciare il territorio alsaziano sicuri di aver centrato il nostro comune obiettivo. Ritenevo inutile recarci da Kuentz-Bas. ancorchè avessimo fissato un appuntamento, in quanto mi pareva ripetere l'incontro col Domaine Weinbach, nel senso che si trattava di un altro domaine più che reclamizzato su tutte le guide, di sicuro affidamento, ma certamente dai prezzi eccessivi e forse un po' spersonalizzata.Per come siamo fatti noi, avevamo bisogno di qualcosa che andasse un po' fuori dalla norma, dai soliti canoni, avevamo bisogno di un produttore che facesse un prodotto di ottima qualità, con prezzi concorrenziali e che soprattutto si mettesse al nostro livello anche attraverso un interscambio enoculturale. Sentivo che Seppi Landmann faceva al caso nostro, in quanto documentandomi, avevo letto che era un tipo vulcanico, per certi versi uno sperimentatore, senza dover fare giri inutili per altre cantine. Sapevo che visitandolo avremmo colto la vera essenza dei vini bianchi alsaziani. Non voglio prendermi meriti, ma devo dire che è stata una brillante intuizione condivisa dal team e di ciò ne vado molto fiero.
Con il consenso degli altri Priori, ci dirigiamo verso la cittadina di Soultzmatt, distante pochi chilometri dalla zona di Kaysersberg ed Orschwir. Il sole brilla alto nel cielo terso, la temperatura è gradevole ed il paesaggio che si apre lungo il tragitto è molto ameno. Gli infiniti filari, sono intervallati da verdi colline e da boschi e mentre percorriamo in auto la strada che ci porterà a destinazione, la sensazione che si prova è di estrema tranquillità e pace. Si sta bene, si sta veramente bene.
Ci vuole poco e verso le 9 e 45 entriamo a Soultzmatt alla ricerca dell'azienda vinicola Seppi Landmann.
Avevo segnalato il nostro arrivo tramite e.mail , ma non l'ora; forse era un po' presto, ma il mattino per il degustatore ha l'oro in bocca.
Parcheggiamo il mezzo, suoniamo diligentemente il campanello e dopo poco compare un uomo sulla trentina, di sicuro non monsieur Landmann, il quale ci invita ad accomodarci per la degustazione. La saletta è interamente perlinata, al centro un tavolo, due panche e nell'angolo una cantina refrigerante contenente innumerevoli bottiglie da assaggio. Seppi Landmann non c'è, al suo posto monsieur Vitry Jean Max, forse il genero che, una volta fattoci accomodare e consegnatoci la lista dei vini coi relativi prezzi, ci invita gentilmente a scegliere quelli che vorremmo degustare.
Recuperiamo il tempo perso e per iniziare ci buttiamo sull'assaggio dei Sylvaner e ci accorgiamo subito che sono tutti di ottima fattura in special modo il Sylvaner Cuve'e Z 2005 dal profumo floreale abbastanza intenso, con buona acidità e finezza. Un vino che ha riscosso un buon successo visto che ne abbiamo acquistato 14 bottiglie.
Dai Sylvaner, il passaggio obbligato è il Riesling. Ne assaggiamo 3, partiamo dal Valle'e Noble 2005, a seguire il Grand Cru Zinnkoepflè, ma le nostre attenzioni si soffermano sul Riesling Valle'e Noble 2000 Vendange Tardive, prodotto con uve surmature, dal colore dorato, dai profumi intensi, leggermente burroso al palato ed una lunga persistenza aromatica. Un buon vino da meditazione con un leggero retrogusto amarognolo sul finale. Acquistato (3 bottiglie).
Assaggiamo anche un Pinot Gris, che non ci soddisfa, e continuiamo con la prova più difficile, ovvero l'assaggio dei Gewurtztraminer. Lo zio si astiene.
Anche in questo caso ne assaggiamo diversi, alcuni troppo dolci ed aromatici, altri meno e ci soffermiamo quasi esclusivamente sul Gewurtztraminer Valle'e Noble 2005 Cuve'e Sophie Marceau, ideale per il nostro palato italico; sicuramente un vino morbido, persistente, giustamente aromatico, dolce ma non stucchevole. Il buon Paolo si spinge oltre ed acquista anche una bottiglia nella versione Vendange Tardive dl un bel colore giallo carico con un bouquet un po' troppo intenso per i miei gusti.
A questo punto, monsieur Vitry gioca il jolly e ci fa assaggiare due bottiglie di selection des Grains Nobles di Riesling e Gewurtztraminer rispettivamente del costo di 180 e 230 euro la bottiglia di annate ante 2000, se non erro del '97 e del '92, un vero e proprio rosolio, un nettare per questi vini, simili all'icewine.
Infine, non ancora domo, mi ostino all'assaggio di un paio di Pinot Noir, uno base e l'altro barricato che, purtroppo, ancora una volta non mi soddisfano.
Una bella degustazione intervallata dallo spizzicare di grissini e taralli per meglio sopportare i diversi assaggi e da comuni riflessioni con l'interlocutore transalpino che ci confessa che monsieur Landmann è un amante dei vini rossi italiani e ci propone, semmai dovessimo ritornare in Alsazia, di effettuare un vero e proprio scambio, ossia Barolo e Brunello in cambio di Bianchi e vendemmie tardive.
La cosa che ho piu' apprezzato e che, conversando con noi, gli venne spontaneo chiederci se fossimo del campo e a noi, che ci sentiamo degli amatori, ci ripaga di tutti questi anni in cui abbiamo letto e riletto, assaggiato in lungo e in largo acquisendo esperienza enologica, sensazioni olfattive e gustative. Non siamo professionisti, ma dopo questa affermazione ci sentiamo più sicuri di noi stessi e convinti che ci troviamo sulla strada verso la piena maturazione, nonostante questa sia ancora molto lunga e ricca di scoperte, ma anche di trabocchetti.
Lasciamo la cantina di Seppi Landmann soddisfatti e felici per aver degustato ottimi vini, avendo pagato il giusto prezzo e convinti di aver capito qualcosa in più di questi vini apparentemente di facile beva, ma in realtà più complicati di quanto possano sembrare.
Il resto della giornata scorre all'insegna di una visita più accurata alla città di Colmar seguita da un veloce pranzo e dalla ripresa repentina del mezzo, volti verso la direzione di due cittadine, una attaccata all'altra, ovvero Ribeauvillè e Riquewir.
Ribeauvillè è forse da considerarsi la patria delle enoteche in Alsazia, dato che la via principale che taglia il paese è costellata di cantine di un imprecisato numero di produttori con merce e prezzi in bella vista. Anche Ribeauvillè ha iconnotati di Colmar, ovvero le caratteristiche case dai tetti spioventi, con travi di legno a vista, ma soprattutto si ha la possibilità di vedere il simbolo di questo territorio; la cicogna. Il tempo si sta facendo uggioso, la temperatura è sempre gradevole, ma abbiamo la sensazione che anche in questa giornata possa avvenire il solito scroscio di matrice quasi equatoriale. Così accade, nell'attraversamento di Riquewir. Paolo, vuole provare il fuoristrada e così ci troviamo a percorrere dello sterrato che ci immette tra una selva di vigneti e quasi per incanto ci troviamo intrappolati tra i filari come in una ragnatela tessuta da chissà quale ragno enologico. Di sicuro un bel vedere.
Scolliniamo e ci dirigiamo al nostro hotel. Nel frattempo il cielo si è nuovamente rischiarato e la temperatura è ritornata gradevole.
La sera, decidiamo di cenare a Colmar. Per non sbagliare, torniamo al bistrot di mezzodi'. Paolo ed io decidiamo di assaggiare un tipico piatto alsaziano, ovvero lo choucroute garnie, crauti tedeschi cucinati lentamente con patate, carne di maiale, prosciutto, wurstel e vino alsaziano, mentre lo zio opta con difficoltà per una salade ed una pizza, il tutto accompagnato da birra media blanche alsaziana. Ci vorrà, a tarda sera, l'irrinunciabile bicchiere di cognac per digerire l'intruglio di carne.
E' tempo di tirare le fila e fare le nostre considerazioni, non prima però di ritornare, nella giornata della nostra partenza verso casa, nuovamente da Seppi Landmann per acquistare alcune bottiglie per alcuni colleghi del nostro pilota Paolo.
Il nuovo incontro, oltre a riconfermare le belle sensazioni della giornata precedente mi ha dato l'opportunità di acquistare, forse, la bottiglia piu' preziosa (sicuramente nel prezzo!!) ovvero un Gewurtztraminer Grand Cru Zinnkoepfle' vendanges tardives 1997 (grandissima annata!!) nella versione dei 37,5 cl. Mi è stato detto che sono un grande intenditore di vini, non vorrei sia stato un mero plagio per convincermi all'acquisto. Dico solo che prima l'ho assaggiato ed è un vino che mi ha colpito sia per i suoi intensi profumi, sia per una certà burrosità al palato, quasi cremoso e con una persistenza aromatica veramente all'altezza, unita a sentori di miele e frutta quali l'albicocca e l'ananas su tutti. Un gran vino che serberò con estrema cura per molti anni nella mia cantina refrigerante.
Il nostro soggiorno in Alsazia è terminato. Torniamo con sensazioni contrastanti, forse di non totale appagamento o forse perchè il viaggio precedente in Borgogna si è rivelato enologicamente più interessante. Non sottovalutiamo il fatto che notoriamente siamo amanti dei vini rossi e che avvicinarsi così specificatamente nell'universo dei vini bianchi a volte può serbare difficili comprensioni. Di sicuro possiamo dire che i vini bianchi alsaziani sono sicuramente di buona fattura ed hanno caratteristiche differenti dai bianchi italiani di ugual uvaggio, molto probabilmente influenzati da un diverso clima e da un diverso governo. Rimane per la nostra associazione enoculturale un ulteriore passo avanti, una nuova prova superata che ci prepara, speriamo, verso nuove mirabolanti avventure enologiche.