Di confini non ne ho mai visto uno. Ma ho sentito che esistono nella mente di alcune persone.
(Thor Heyerdahl, esploratore)


“Eravamo 4 amici al bar, che volevano cambiare il mondo……”, ci avesse visto Gino Paoli, di sicuro avrebbe iniziato a canticchiare il motivetto di una delle sue canzoni più riuscite, ma se devo precisare, per onestà intellettuale, in cuor nostro non anelavamo ad una simile ardita speranza, ma due di noi (mio cognato ed io), volevano semplicemente ampliare gli orizzonti vinicoli di altre due persone, abitualmente dedite a degustazioni nostrane. 

Un po’ presuntuosamente, pensiamo di aver fatto breccia in una certa mentalità autarchica, che vede nei confini un limite, dove invece per noi rappresentano unicamente il punto in cui siamo arrivati e la conseguente possibilità di poterli espandere.

Il termine limite deriva da due differenti sostantivi latini: limes e limen (al genitivo limitis e liminis). Il primo ha il significato di termine, confine, linea di demarcazione; il secondo di soglia, ingresso, principio. La natura ambigua, complessa del concetto di limite risiede già nella sua radice etimologica e sarebbe un errore considerare sempre e comunque negativamente l’accezione di confine che chiude e sempre e comunque positivamente l’accezione di soglia che apre, ma nel nostro caso trattasi di apertura mentale assolutamente intrisa di connotati comprovati.

Quale migliore occasione per presentare ai ns commensali alcuni vini, usualmente definiti (a torto o a ragione)  d’oltre confine, tre vini bianchi, che avrebbero solleticato , non solo le papille gustative, ma anche la più recondita materia cerebrale a livello di sensazioni e di pure emozioni. Ultimo, ma non ultimo, la conoscenza di tre vitigni, definiti internazionali, ma che con cognizione di causa, esprimono la loro elezione universale nel loro luogo di origine.

Cornice dell’evento, la casa dell’amico Gianangelo, prodigo novello Pantagruel, generoso nella  mis en place e nel corollario relativo all’abbinamento cibo/vino, ligio all’etichetta e al perfetto bon ton. 

Senza perdere tempo, iniziamo la serata partendo dal Sancerre “Les Culs de Beaujeu” annata 2013 di 13,0°vol. di Francois Cotat ; siamo nella Valle della Loira ed esattamente nell’estremità est del territorio dove regna sovrano un grande vitigno : il Sauvignon Blanc. 

Francois Cotat, insieme al cugino Pascal, rappresenta forse la tradizione del Sauvignon Blanc portato quasi all’estremo; un vino che nasce da vigneti posti su terreni Kimmeridgiani di epoca Jurassica composti da particolari depositi calcari e situati a Chavignol, poco distante dal più rinomato villaggio di  Sancerre. Tra l’altro, se avrete l’occasione di andarci, troverete il negozio Dubois Boulay che vende il miglior formaggio di capra di tutta la Francia. 

Versato nel bicchiere si presenta di colore paglierino tenue, limpido e senza sbavature, ma è al naso che si avverte, con un ventaglio di profumi inebrianti tipicamente agrumati che vanno dal pompelmo rosa, all’ananas, al lime, al mandarino, a nuances di melone per poi virare in modo sferzante verso un tipico sentore di pietra focaia.

In bocca è tipicamente sensuale, a tratti femminile, attraversato da una media acidità, ma soprattutto da matrici minerali contestualizzate in un quadro di avvolgente morbidezza, dove l’agrumato ritorna alla grande fino a deviare su sensazioni sapide e salmastre, in un chiaro contesto di appagante persistenza aromatica.

Sancerre Les Culs de Beaujeu 2013

Dopo aver incassato i primi consensi di meravigliato stupore, rimaniamo in Francia, per assaporare un grande bianco a base Chardonnay in purezza: lo Chassagne Montrachet Premier Cru En Virondot del Domaine Marc Morey annata 2011 di 13,5°vol. Siamo in Borgogna, terra magica, patria dei migliori vini bianchi al mondo; Chassagne Montrachet è uno dei territori più vocati sul quale sono stati spesi fiumi di inchiostro e la sua fama è altresì alimentata da alcuni dei migliori Gran Cru, quali il Montrachet ed il Batard Montrachet. Il domaine Marc Morey è azienda di carattere famigliare, storica nel territorio, che non usa sotterfugi ma che si appella quotidianamente alla tradizione per dar vita a vere e proprie chicche enologiche come il Premier Cru En Virondot di color oro zecchino e pervaso da nitidi profumi floreali di caprifoglio, di salvia, di mela gialla, di profondi sentori di frutta tropicale e di accennate note burrose. In bocca entra con una dolce ed intrigante morbidezza, su una notevole spalla acida; a tratti minerale e con sapiente uso del legno, rilascia sul finale un leggero retrogusto di mandorla amara che non infastidisce ma tuttalpiù lo caratterizza . E’ un vino in cui si avverte profondità, verticalità e persistenza gustativa assai lunga e come direbbe l’amico Emanuele (www.grandibottiglie.com) è un vino gastronomico, ma è talmente emozionante e complesso da lasciare esterrefatti i degustatori dal palato italico. 

Senza dubbio il vino più interessante e strutturato della serata.

Chassagne Montrachet En Virondot 2011

Concludiamo con un altro vitigno, mai banale, di rara bellezza gustativa, ovvero sua maestà il Riesling, quello della Mosella, nella bottiglia Bernkasteler Kurfurstlay Auslese Honigberg – azienda Weingut Molitor Rosenkreuz annata 2007 di 10,0° vol. 

Il proprietario è Achim Molitor, fratello del più famoso Markus, discendente da una famiglia di viticoltori della Mosella, inizia la sua attività di vinificazione in proprio nel 1995. La sua è una viticoltura praticata a basso intervento, escludendo ogni diserbo chimico, concimazioni e antiparassitari; i vini sono fermentati in acciaio, affinati per un anno sulle fecce fini sempre in inox e successivamente imbottigliati per un lungo processo di invecchiamento. I terreni in Mosella sono caratterizzati da sedimenti di ardesia, che a contatto con l’acqua rilasciano potassio in grandi quantità, che assorbito dalla pianta dona una caratteristica mineralità ai vini. L’Auslese degustato si presenta nel bicchiere di un color oro intenso. Al naso sprigiona tipici profumi di idrocarburi, che virano verso spiccati sentori di miele. In bocca è sontuoso, splendidamente fruttato di mela e pervaso da una dolcezza mai stucchevole, finemente controbilanciata da una spiccata acidità. E’ estremamente salivante da indurti ad una continua beva che risulta facile ed appagante; è talmente ruffiano che potresti scolarti la bottiglia senza accorgertene.  

Bernkasteker Kurfusrtlay Auslese Honigberg 2007

La serata volge al termine e intravediamo negli occhi dei nostri amici una soddisfazione che ci appaga e ci consola per aver ottenuto il risultato sperato. Aver ampliato gli orizzonti è senza dubbio un fattore positivo che non deve rimanere fine a sé stesso ma che deve poter rappresentare l’inizio di un nuovo cammino di conoscenza ed esperienza. 

A volte penso che forse prima o poi non avremo più nulla da scoprire e quindi, cosa faremo…e poi, e poi…. (forse) “e poi ci troveremo come le star a bere del whisky al Roxy Bar…………”