Wolfram von Eschembach (1170 c.ca-1220 c.ca d.C.) fu un cavaliere medievale e poeta tedesco alla corte di Turingia, territorio dell’attuale Germania centrale, che, all’epoca era un langraviato, ovvero una contea che vantava diritti feudali nei confronti dell’imperatore del Sacro Romano Impero. La fama di Wolfram è dovuta alla composizione di un poema cavalleresco sul Santo Graal, intitolato Parzival composto intorno all’anno 1210. Oltre a questo poema, gli vengono attribuiti altre due opere epiche giunte a noi incompiute, il Willehalm e il Titurel ed un’altra opera denominata Wachter Lieder di ispirazione provenzale.
Da appassionato di tutto ciò che è mistero e che possa ricondurre a tematiche esoteriche, ho scoperto che per la stesura del Parzival si avvalse di un confidente, una sorta di consigliere segreto, un certo Kyot de Provence, che a sua volta si rifaceva a testi più antichi attribuiti a Crètien de Troyes, trovatore francese, che fu il primo a raccontare epopee cavalleresche riconducibili alle atmosfere arturiane.
Per Wolfram, il Graal era una pietra, la lapsit exillis caduta sulla terra, che racchiudeva in sé proprietà miracolose, ma altresì donava a chi la custodiva l’eterna giovinezza e l’immortalità.
Da quel che è rimasto dell’altra opera, il Titurel, si evince che una milizia scelta, quella dei cavalieri Templeisen, proteggeva la preziosa reliquia e che la stessa dopo essere caduta dalla corona di Lucifero, sia stata tratta in salvo dagli angeli, i quali l’hanno portata sulla terra facendola custodire al capostipite della dinastia graalica: Titurel.
Il merito di Wolfram fu anche quello di aver ispirato il compositore Richard Wagner nella stesura dell’opera musicale Parsifal, andata in scena il 26 luglio 1882, segnando il ritorno al tema del Graal già affrontato anni prima nella composizione Lohengrin.
L’idea del Lohengrin venne a Wagner nel 1845 durante un soggiorno alle terme di Marienbad (Boemia) e il caso vuole che questa località termale faccia da sfondo ad un romanzo di Anton Checov del 1886 intitolato Il consigliere segreto.
Ma non è tutto.
Nel 1882, l’anno del Parsifal, Geheimrat Julius Wegeler, viticoltore della Rheingau, una delle zone più vocate della Germania vinicola, acquista la cantina del Barone von Wetzel-Karben dando vita alla J. Wegeler che, da lì in poi, diventerà uno dei capisaldi e punto di riferimento dell’intera regione. La fama dei suoi vini ben presto allargò i propri confini al punto che Julius ricoprì per alcuni anni la presidenza dell’associazione vitivinicola tedesca, oltre a diventare nel 1904 presidente della Camera di commercio di Coblenza.
54 gli attuali ettari vitati diffusi in Rheingau, Mosel e Palatinato.
Quando scendo in cantina non scelgo mai la bottiglia da degustare, ma di solito è lei che mi chiama o addirittura è come se ci fosse una specie di consigliere segreto che me la indica ed anche per il Riesling Spatlese Trocken Geheimrat J. Weleger annata 2004 di 12,5° vol. è avvenuta la stessa cosa.
Ah, dimenticavo……Geheimrat tradotto in italiano significa consigliere segreto. Questo è il vino di punta della cantina e prende il nome del suo fondatore, il “consigliere” Julius Wegeler; una cuvèe che può arrivare ad incamerare fino a 16 parcelle diverse. Una selezione tardiva ed una lenta fermentazione, seguita da una lunga maturazione sui lieviti indigeni in una grande botte di legno da 1200 litri, garantiscono la complessità di questo vino.
Nel Geheimrat "J", si fondono in perfetta armonia il carattere fine e vivace dei terreni minerali intorno a Rüdesheim e Geisenheim e la cremosità dei terreni argillosi del Rheingau centrale. Dal 1983 questo vino viene prodotto in un’elegante bottiglia e a seconda dell'annata, ha un potenziale di invecchiamento di oltre 15 anni.
Stappato mezz’ora prima di essere servito, tappo di cm. 5 in ottimo stato di conservazione. Versato in un bicchiere tipo Burgundy, molto ampio, si presenta di color oro intenso, come se fosse attraversato da una luce particolarissima, talmente è la sua brillantezza.
Roteato nel bicchiere emana quello che potremmo definire una sorta di cocktail di frutta, a partire dalla pesca, al melone, all’ananas, al mango e alla papaya; lasciato ulteriormente ossigenare, fa emergere sentori di vaniglia Grivè dalla profumazione intensa e delicata e note di zafferano, intervallati da accenni impercettibili di idrocarburi e da note di pietra di selce bagnata.
In bocca entra morbidamente oleoso ed estremamente salivante. Ritornano immediatamente le sensazioni gustative di frutta, alle quali si aggiunge miele e vaniglia, il tutto dominato da una spiccata acidità. Minerale e sapido allo stesso tempo, a tratti rilascia un leggero e caratteristico pizzicore che non disturba. Persistente ed ammaliante, pur nel suo corollario gusto-olfattivo assai complesso, si lascia talmente bere che devi tappare la bottiglia e riporla per non essere tentato di finirla in breve tempo.
In sintesi, questo magnifico Riesling è un sorso alchemico, un elisir medicamentoso che, non sarà quello dell’immortalità, ma nonostante i 14 anni sulle spalle rilascia un’intatta giovinezza che ha del miracoloso, lasciando presagire un'ulteriore evoluzione negli anni a venire.
Non mi ritengo un gran dispensatore di consigli al pari di Kyot de Provence, di Ivan Archipov di Checov o dello stesso Julius Wegeler, ma se volete darmi retta, per una volta, degustatelo e ne sarete rapiti a tal punto che vorrete custodirlo gelosamente, come un piccolo Graal!!!