Quante volte ognuno di noi ha pensato di poter disporre di una bacchetta magica per realizzare un desiderio talmente voluto da diventare quasi ossessivo?
Quante volte abbiamo idealizzato di poter vivere in un posto magico che ci rendesse talmente felici?
Spesso e volentieri, la parola “magia” viene citata a sproposito o più semplicemente è inflazionata da stereotipi imposti da contesti sociali o dai media che ne influenzano a piacimento risvolti di tipo psicologico o subliminale.
Se andiamo più a fondo, possiamo verificare e capire che la magia cerca di offrire una soluzione ad un momento di difficoltà o di bisogno, con l’intento di mutare l’impossibile in possibile, facendo in modo che le nostre barriere ed i nostri limiti mentali possano essere oltrepassati, azzerando in un istante una condizione di disagio.
C’è un verso di una canzone di quel poeta musicale che ha per nome Lorenzo Cherubini, alias Jovanotti, che rende bene il senso di cosa possa fare la magia e recita così: “prendi il mio tempo e la magia che con un solo salto ci fa volare dentro all’aria come bollicine…..”
Bellissimo, lascia senza parole.
Quasi sempre la magia è strettamente legata alla natura; una natura in cui immergersi completamente, sino a creare una complicità ed un rapporto di libero amore, fondendo la propria psiche incondizionatamente e priva di qualsiasi elemento inquinante. Solo allora, potremo scoprire luoghi magici che avremo il privilegio di vedere con i nostri occhi e che altri non potranno mai comprendere e condividere.
Nella Cote du Rhone, c’è un luogo che ho visto e mi ha talmente rapito al punto di sentirmi fuso con la bellezza e la spiritualità della sua natura e che mi ha fatto avvertire una sorta di magia che non mi ha più abbandonato.
La collina dell’Hermitage, imponente, austera, ma allo stesso tempo materna, rigogliosa di viti che paiono a guardia della sacralità del luogo ed a difesa della piccola “Chapelle”, posta alla sua sommità. Una cappella votiva eretta in epoca medioevale dal Chevalier de Sterimberg, che di ritorno dalle Crociate in Terra Santa, gettando la spada insanguinata, si ritirò a vita eremitica rifocillando i viandanti con il vino allevato sulla collina e curandone le anime ai piedi della cappella.
Questa magia, che non è niente altro che uno stato di quietudine dell’anima, viene trasmessa anche ai vini prodotti, come nel caso dell’Hermitage Blanc 2011 di 14,0°vol. della Cave de Tain. La Cave de Tain, “cantina sociale” situata a Tain l’Hermitage è una realtà ben radicata nel territorio rodaniano, dove da ben quattro generazioni i soci conferitori hanno nel tempo migliorato costantemente la qualità, attraverso una coltura ragionata e completamente al servizio della natura. Vi consiglio una visita alla loro enoteca, semplicemente magnifica e con personale giovanissimo, ma professionale, a completa disposizione.
Ma veniamo alla degustazione.
Versato in ampio balloon da degustazione, si presenta di colore giallo dorato intenso, limpido e brillante con totale assenza di velature.
Roteato nel bicchiere e opportunamente ossigenato, emana sensazioni di fieno, come quello appena tagliato e ridotto in palle poste a debita distanza una dall’altra in un’area sterminata, al sole cocente di fine luglio ed a seguire evidenti sentori di frutta secca, su tutte la mandorla amara, di caramello e di particolari note speziate ed in parte affumicate, quasi grigliate. Sul fInale un particolare rimandi di profumo di babà al rum.
In bocca è decisamente territoriale, entra diretto ed è attraversato da una debordante acidità su di una spalla minerale che lo contraddistingue, incalzato da evidente alcoolicità che emerge prepotentemente e da una persistenza aromatica che pervade l’intero asset gustativo per un arco temporale davvero notevole.
Strutturato e con retrogusto amarognolo sul finale.
Un vino decisamente impegnativo e non per tutti, come la magia della collina di Hermitage che, solo i puri di cuore, colmi di passione per i suo vini e la sua natura, possono comprendere e vivere pienamente.