La sardina, pesce conosciuto anche come sarda o sardella, prende il nome dalla zona dove originariamente abbondava, ovvero il litorale della Sardegna. La conosciamo tutti come un pesce dal corpo allungato, affusolato ed è facile confonderla spesso con l’acciuga.

Pesce a diffusione mediterranea ed atlantica con eccezioni in alcune zone norvegesi, ama la vita a mare aperto e non frequenta i fondali e le acque relativamente basse.

La sua carne è molto apprezzata e per questo è un pesce che si presta ad essere continuamente pescato ed è gustato in modo particolare in età giovanile quando prende il nome di bianchetto o gianchetto.

I bianchetti, sono non più lunghi di un centimetro ed assumono un bel colore bianco dopo la loro cottura. Una volta, erano considerati il cibo povero della cucina tradizionale genovese, oggi sono una prelibatezza che costa cara, sia perché sono introvabili, sia perché la loro pesca è consentita solo in inverno ed agli inizi della primavera.

Ho assaggiato la classica frittatina di bianchetti con aggiunta di una spolveratina di parmigiano grattugiato e l’ho trovata decisamente buona, rinvenendone un delicato profumo di mare.

La caratteristica principale delle sardine è quella di vivere e di spostarsi in branco, perché solo così hanno la possibilità di difendersi affrontando i nemici, uniti e compatti.

Se vogliamo essere più specifici, è la loro unione e la loro comunione d’intenti che proteggono la loro vita evidenziando la forza del branco.

Scendendo in cantina, in un sabato pomeriggio assolato di fine estate, ho rivolto lo sguardo ad una bottiglia di Macon Villages “Les Sardines” annata 2016 di 13,0°vol. del produttore Robert Denogent che nell’etichetta riporta tre sardine in un contesto quasi asettico, ma che danno l’impressione che si stiano muovendo in modo compatto, ordinato, come fossero in formazione ed unite da un unico spirito e da un obiettivo comune.


Macon Villages "Les Sardines" 2016

Tutto ciò, mi ha portato inevitabilmente a pensare al corporativismo del movimento enologico francese, che da sempre riesce a valorizzare i prodotti della vite in un contesto di cooperazione, senza mai ostacolarsi o denigrando il lavoro degli altri. Ho girato in lungo e in largo la Francia vinicola ed ogni territorio evidenziato da una specifica appellation sa sempre esprimere al meglio, con un unione di intenti unidirezionale, le qualità del vino, portandolo anche a livello di marketing a subliminare il concetto di terroir, cultura, storia e distribuzione del prodotto che non viene mai relegato ad una mera vendita. 

Penso che questa etichetta non sia stata posta a caso e che il proprietario Jean Jacques Robert sia partito dalla caratteristica delle sardine per evidenziare che, solo attraverso la capacità di fare gruppo con gli altri vignerons, per il bene comune, si possano ottenere vini che rispettino e valorizzino il territorio e di conseguenza i produttori.

Per questo Macon Villages, parliamo di vigne vecchie di almeno 40 anni, di affinamenti e fermentazioni in barrique usate di secondo e terzo passaggio e di imbottigliamento dopo due anni di assoluto riposo. Ci troviamo nella Borgogna del Sud, terra a torto un po’ snobbata dai più, con predilezione dei terroirs più rinomati della Core d’Or, ma avendola visitata nel 2017, posso con assoluta certezza riconoscerle una potenzialità che emergerà con impeto nei prossimi anni. 

Versato nell’ampio balloon, si presenta di color giallo paglierino tenue con accenni di doratura limpida e brillante; lasciato opportunamente ossigenare e portato al naso, si avvertono con immediatezza sentori decisamente floreali di gelsomino appena sbocciato, intervallati, a tratti, da matrici salmastre e iodate. In bocca entra con leggerezza e con una morbidezza preludio di buona beva; leggermente burroso, fa emergere al palato una sottile cremosità tipica di alcuni Chardonnay che ritroviamo più spesso nella Borgogna aristocratica del Nord. Di media acidità, diventa accattivante per quel tocco di sapidità che stuzzica le papille gustative e la materia cerebrale che va ad associare il sapore della pelle appena usciti da un bagno in mare.

E’ un vino immediato, sincero ed apprezzabile anche per il rapporto qualità/prezzo decisamente interessante (20 euro in enoteca dall’amico Emanuele Spagnuolo di Grandi Bottiglie.com); non occorre aspettarlo ma berlo è un piacere per la bocca e per l’anima. 

Un vino  che consiglio sul calar dell’estate per ricordare il sole, il mare, il sale sulla pelle e magari qualche bella serata conviviale con gli amici , dove il gruppo unito, sa sempre come esprimere il meglio di sé.