Recentemente, leggendo un articolo su un noto quotidiano nazionale, mi sono imbattuto in una terminologia che non avevo mai sentito sin d’ora e che, incuriosendomi, mi ha spinto a ricercarne il significato etimologico.

Lì per lì, non mi ha riportato nulla alla mente, ma mentre cercavo informazioni al riguardo, da un piccolo cassetto della memoria si materializzava a poco a poco qualcosa a me molto familiare. Il termine in questione è : parossismo.

In senso generale, per parossismo si intende un’improvvisa convulsione, un aumento istantaneo e fulmineo di un sintomo di un’emozione o di un’azione. Il termine viene usato soprattutto nel linguaggio vulcanologico per specificare il fenomeno di un’eruzione costituente la fase più violenta e pericolosa.

Il primo ad utilizzare questo vocabolo fu il vulcanologo George Poullett in un suo celebre scritto del 1825. 

Se guardiamo a casa nostra, i fenomeni parossistici più importanti sono da ascrivere all’Etna che, negli ultimi 20 anni si sono accentuati con numerosi episodi, che di norma sono sempre contraddistinti in tre specifiche fasi:

  1. Preludio
  2. Acme
  3. Diminuzione e cessazione

Il vero parossismo è da attribuire alla fase 2 determinata da intensa e violenta attività eruttiva, ricca di cenere e lapilli oltre a colate laviche molto lunghe, come quella del 10/05/2008 nel cratere sud est con una lunghezza di 6,2 km.

Più leggevo e più le nebbie mentali si diradavano al punto di spingermi in cantina velocemente ed inconsciamente, mettendo in modo rabdomantico le mani là dove riposava indisturbata in un angolino una bottiglia di Etna Rosso- Az. Ayunta annata 2013 di 14,0°vol., riportante in un’etichetta sobria, ma anche un po’ enigmatica, il termine parossismo.

L’Azienda, sorge a 700 metri s.l.m. sulle pendici settentrionali dell’Etna, nei pressi del villaggio di Randazzo. Siamo in provincia di Catania.

Il vino in questione è prodotto da vecchie viti di un singolo vigneto (una sorta di cru nostrano) di Nerello Mascalese. Naturalità, rese base e vendemmie quasi tardive (per il parossismo a fine ottobre) sono il credo di Filippo Mangione, il proprietario, che altresì definisce così la sua filosofia di vinificazione:

“solo uva, solo il tempo e una piccola quantità di solfiti, nessun altro additivo”.

Ma veniamo, come da prassi, alla degustazione. Stappato circa 30 minuti prima di essere servito ; tappo di 4,5 cm. Sano e compatto. Versato in un ampio balloon stile Burgundy , si presenta visivamente di colore rosso rubino con impercettibili riflessi granati sull’unghia. Colore limpido e brillante.


Al naso emergono immediate sensazioni fruttate di ciliegia ed in seguito un susseguirsi di note speziate di tabacco dolce e di un vago sentore balsamico e mentolato. Chiudono tocchi erbacei tipici della macchia mediterranea. Azzarderei origano e basilico.

Decisamente buona la corrispondenza naso/bocca con i rimandi fruttati di ciliegia in bella evidenza. Morbido al palato, persistente e con ancora una sottile astringenza, sintomo che il tannino non sia ancora completamente svolto, nonostante la sua perfetta godibilità. 

L’alcoolicità, sembra non sentirsi nell’immediato, nel senso che non si è pervasi dalla tipica botta di calore, anzi è fresco, a tratti minerale e con una spalla acida di buon livello. Abbinato a stinco di maiale al forno, mi è parso la morte sua.


Se per parossismo intendiamo uno sfogo fulmineo a livello emozionale, allora questo Etna Rosso lo incarna in quanto è un vino che non passa inosservato e che a suo modo emoziona nella sua semplice ma allo stesso tempo complessa bevibilità.

Il mio consiglio??? Provatelo!!!!