San Martino nacque a Sabaria Sicca in Ungheria avamposto dell'impero romano alle frontiere con la Pannonia. Nel 331 un editto imperiale obbligò tutti i figli di veterani ad arruolarsi nell'esercito romano. Fu reclutato nelle Scholae imperiali, corpo scelto di 5.000 unità perfettamente equipaggiate: disponeva quindi di un cavallo e di uno schiavo. Fu inviato in Gallia, presso la città di Amiens, nei pressi del confine, e lì passò la maggior parte della sua vita da soldato. Faceva parte, all'interno della guardia imperiale, di truppe non combattenti che garantivano l'ordine pubblico, la protezione della posta imperiale, il trasferimento dei prigionieri o la sicurezza di personaggi importanti. Nel rigido inverno del 335 Martino incontrò un mendicante seminudo. Vedendolo sofferente, tagliò in due il suo mantello militare e lo condivise con il mendicante. La notte seguente vide in sogno Gesù rivestito della metà del suo mantello. Udì Gesù dire ai suoi angeli: «Ecco qui Martino, il soldato romano che non è battezzato, egli mi ha vestito». Quando Martino si risvegliò il suo mantello era integro. Il mantello miracoloso venne conservato come reliquia ed entrò a far parte della collezione di reliquie dei re Merovingi e dei Franchi.
Il sogno ebbe un tale impatto su Martino, che egli, già catecumeno, venne battezzato la Pasqua seguente e divenne cristiano. Nel 371 i cittadini di Tours (Valle della Loira) lo vollero loro vescovo anche se alcuni chierici avanzarono resistenze per il suo aspetto trasandato e le origini plebee. La sua notorietà ebbe ampia diffusione nella comunità cristiana dove, oltre ad avere fama di taumaturgo, veniva visto come un uomo dotato di carità, giustizia e sobrietà. Martino aveva della sua missione di “pastore” un concetto assai diverso da molti vescovi del tempo, uomini spesso di abitudini cittadine e quindi poco conoscitori della campagna e dei suoi abitanti. Uomo di preghiera e di azione, Martino percorreva personalmente i distretti abitati dai servi agricoltori, dedicando particolare attenzione all'evangelizzazione delle campagne. Nel 375 fondò a Tours un monastero a poca distanza dalle mura, che divenne, per qualche tempo, la sua residenza. Il monastero, chiamato in latino Maius monasterium (monastero grande), divenne in seguito noto come Marmoutier. Tra i suoi tanti peregrinare, sono certo che venne a contatto con i vignerons di Saint Nicolas de Bourgueil (distante 60 km da Tours) anche perché nelle vicinanze sorgeva l’abbazia di Bourgueil (fondata nel 990 d.C.), dove avrebbe trovato riparo per la notte e di sicuro avrebbe avuto contatti anche con gli antenati della famiglia Amirault splendidi vignaioli della Loira occidentale.
È nel cuore della piccola appellazione di Saint-Nicolas-de-Bourgueil che la famiglia Amirault lavora con passione ancora oggi dando vita a vini biodinamici in quell’appezzamento di terra denominato Clos des Quarterons. Oggi le redini sono in mano a Xavier Amirault, succeduto a suo fratello Thierry; 32 ettari di vigneti allevati in biologico dal 2008 e in biodinamico dal 2010 (certificato Demeter) con una grandissima attenzione al rispetto degli equilibri naturali. Il terroir è molto variegato e composto da sabbie, limi, ghiaie, argille e calcari. Grandissima attenzione in vigna, vendemmie manuali, coltivazione pulita e la più naturale possibile, fermentazioni spontanee in assenza di lieviti selezionati, affinamenti in botti usate da 500 litri e tanta cura, sempre. Da tutto ciò nascono vini naturali, eleganti ed imperdibili come l’Anjou blanc “Les Quarterons” annata 2016 di 13,0°vol. che ho degustato in una domenica primaverile accompagnandolo ad un piatto di spaghetti allo scoglio. Parliamo di Anjou e quindi del vitigno Chenin Blanc, vitigno meraviglioso con caratteristiche uniche.
Stappato circa 30 minuti prima di essere servito, tappo compatto di cm 5,1; versato in un bicchiere tipo burgundy molto ampio e lasciato ossigenare, si presenta di un bel colore oro zecchino, uniforme, limpido e senza sbavature. Il naso è un caleidoscopio di profumi prettamente floreali, dove si avvertono in sequenza, il gelsomino, il glicine e il caprifoglio ed a seguire lievi nuances agrumate di limone maturo e pompelmo. Sul finale una leggera nota di miele selvatico. In bocca entra con estrema piacevolezza di beva, è ampio, rotondo e con una componente gusto/olfattiva di chiaro impatto. A tratti è viscoso, oleoso ma carezzevole allo stesso tempo ed è salivante al punto di indurti ad una continua beva, il finale, lungo, lascia una piacevole nota amarognola di nocciola che non infastidisce, anzi lo rende caratteristico. Vino davvero notevole che a mio modo di vedere non può mancare nella cantina di un vero appassionato. Uno Chenin che non tradisce le attese, con un’equilibratissima acidità foriera di un’evoluzione temporale non indifferente, Meno male che in cantina ho un’altra bottiglia. Rapporto qualità/prezzo eccellente (acquistabile su www.grandibottiglie.com). Penso che San Martino abbia avuto la possibilità di degustarloe avrà sicuramente protratto la sua visita pastorale al Clos de Quarterons.