Come tutti i ragazzini degli anni sessanta/settanta, il pallone è stato il primo sport praticato, in un primo momento sul campetto dell’Oratorio e poi nella squadra del mio paese. Come i più, non ero un fenomeno e ben presto appesi le scarpe al chiodo per dedicarmi alla corsa che mi ha portato sino ai giorni nostri.
Ero piccolo, ma ricordo che nei primi anni settanta due delle squadre migliori a livello planetario fossero l’arcigna Germania (all’epoca dell’Ovest), che in quella tenera età vedevo come il male oscuro e la grande Olanda, quella del calcio totale e del mio idolo da bambino, il nr. 14 Johan Cruijff, forse uno dei migliori 5 giocatori di calcio di sempre.
Il 7 luglio 1974 (lo ricordo come se fosse oggi) mi trovavo con i miei genitori e i miei fratelli ad Arona, in una noiosissima gita domenicale, proprio mentre all’Olympiastadion di Monaco di Baviera si stava svolgendo la finale del Campionato del mondo di calcio tra Germania e Olanda.
Camminavo stancamente, quasi trascinato dalla mano di mia madre, ma avevo sempre l’orecchio ben teso verso le numerose radioline tenute in mano dai malcapitati passanti domenicali. Il gol del vantaggio olandese su calcio di rigore dopo pochi minuti dal via, segnato dal suo ineguagliabile capitano, mi riempì di gioia, ma il passaggio emozionale nello sconforto non tardò e una doppietta del centravanti della Germania Gerd Muller mise fine ai sogni di gloria olandesi e anche ai miei.
Già, quel Gerd Muller che non sopportavo, con quel fisico poco slanciato, sgraziato, quasi tendente al grasso, un ragazzo nato nel periodo della ricostruzione post bellica con dentro una voglia di riscatto e di successo fuori dal comune. Il successo Gerd se lo costruì con una carriera memorabile a suon di goals, tantissimi, raramente belli o memorabili ma sempre al momento opportuno e nelle occasioni che contavano. E’ stato un grande rapinatore d’area, quello che oggi definiremmo un vero bomber; 68 goals in 62 partite con la Nazionale tedesca sono un biglietto da visita impressionante.
Nel cammino enologico iniziato vent’anni fa, ho incontrato vignaioli che potevano fregiarsi dell’appellativo di bomber di razza ed uno di questi, casualmente porta lo stesso cognome del grande centravanti tedesco; sto parlando di Egon Muller, un vero fuoriclasse del Riesling.
La tenuta di Egon Müller, che ho potuto ammirare (purtroppo solo dall’esterno) è nelle mani della famiglia Müller dal 1797 ed è situata nella regione della Mosella-Saar-Ruwer. Alle spalle della tenuta il magnifico e ripidissimo vigneto Scharzhofberg dal quale il maestro Egon ne trae vini fortemente minerali, pesistenti e vibranti, in sintesi dei veri capolavori dove il Riesling ne esce quasi santificato. Per chi non conoscesse i Riesling tedeschi consiglio di non partire con i vini di Egon Muller, ma sarebbe meglio iniziare un percorso che possa concludersi con i nettari del maestro teutonico.
Ho voluto cimentarmi con un Riesling Scharzhof 2015 di 9,5° Vol, che ho stappato nell’ultima domenica dell’anno accompagnandolo ad un risotto coi funghi porcini.
Si presenta di un bel colore paglierino, limpido, senza sbavature, quasi assomigli ad un color oro giovanile incontaminato.
Al naso, versandolo nel bicchiere emana sbuffi idrocarburici di cherosene e di pietra focaia, che pur rimandone in sottofondo, lasciano il posto a sentori agrumati di frutta tropicale, di ananas, di zenzero e di lime.
In bocca entra oleoso, salivante e con un’acidità tagliente che contrasta ed equilibra in modo magistrale il residuo zuccherino, mai invadente. La corrispondenza naso/bocca è notevole, così come i rimandi agrumati ai quali si aggiunge sul finale un chiaro e netto gusto di limone. Persistente, impressiona per la pulizia in bocca e per una mineralità accattivante. Non oso pensare alla restante gamma dei vini di Egon, dagli Spatlese, agli Auslese fino a Trockenbeerenauslese…….
Lo Scharzhof 2015 è senza dubbio un Riesling di razza al pari di un goal vittoria di una finale che solo quello sgraziato di Gerd Muller sapeva e poteva fare,