Una prerogativa millenaria della Borgogna, da nord a sud, da Chablis a Macon, passando per la Cote d’Or è la presenza a livello vitivinicolo di quei muretti a secco posti a recinzione di particolari vigneti, denominati “clos”.
Nonostante tutto ciò non rappresenti un’esclusiva borgognona, nel senso che taluni clos sono ubicati anche in Champagne e a Bordeaux è indubbio che se ne trovino moltissimi nel territorio sopra citato, basti pensare ai 130 in Cote d’Or, 25 nella Cote Chalonnaise e una decina a Chablis, incluso quello denominato semplicemente “Les Clos”.
L’usanza di costruire questi muretti per delimitare un vigneto è antichissima e bastano alcuni esempi significativi, come il “Clos de Tart” datato 1141 e fondato dalle monache dell’Abbazia di Tart, dipendenza di quella principale di Citeaux; oppure il “Clos Saint-Denis”, appartenuto ai canoni del capitolo Saint-Denis de Vergy la cui prima menzione è del 1367; il “Clos des Lambrays” risalente al 1365 e citato in un manoscritto negli archivi dell’Abbazia di Citeaux; ed ancora il “Clos de Vougeot” risalente al XII secolo; per finire a quello più antico, il famosissimo “Clos de Beze” a Gevrey Chambertin risalente al 640 d.C.
Tutti questi “clos”, che grazie a Dio ho avuto la fortuna di poter ammirare di persona, hanno da sempre rivendicata la loro natura, unica eccezione Romanèe-Conti che, pur essendo delimitato da un muretto non ne ha mai reclamato la peculiarità, anche se in origine il vigneto si chiamava Cros de Cloux (o Clos). Di certo, il clos, oltre ad assolvere al compito di delimitare il vigneto, concedendogli nel contempo dei connotati esclusivi, ha conferito al proprietario un’ampia visibilità dei suoi vini sul mercato anticipando alcune strategie di marketing assai funzionali.
Nella Loira occidentale, dove meno te lo aspetti, esiste un particolarissimo “clos”, unico nel suo genere, nato dalla mente di un cinquantenne visionario di nome Antoine Cristal, che ai primi del 1900, nella zona di Saumur Champigny, pensò quasi follemente di far crescere il Cabernet Franc attraverso un muro da usarsi come diffusore di calore. In sintesi il Cristal, fece costruire muri paralleli con andamento Est-Ovest in cui venivano creati ad arte dei fori attraverso i quali venivano fatte passare le piante che affondavano le radici sul lato Nord e le foglie e i grappoli sul lato sud più soleggiato. In questo modo i grappoli maturavano 3 settimane prima rispetto alle piante non allevate attraverso i muri. La sfida di Antoine era quella di poter produrre un gran vino rosso in una zona fino ad allora conosciuta e rinomata per i soli vini bianchi. Un Cabernet Franc che potesse diventare pietra miliare nel panorama enologico francese e non. Nasceva così il famoso “Clos Cristal” ed in contemporanea il suo vino omonimo. Dal 1929 il vigneto venne donato all’Hospice di Saumur (Ospedale).
Clos Cristal è un vigneto di 10 ettari dove la vite cresce attraverso 3km di mura, unico nel suo genere. Negli ultimi 25 anni, la conduzione del vigneto è stata affidata ad Eric Dubois, già collaboratore di Nicolas Joly alla Coulèe de Serrant, dove ha approfondito gli insegnamenti della biodinamica applicandola dal 2000 al Clos Cristal, provvedendo ad eliminare ogni prodotto di sintesi, ad usare unicamente il cavallo per la lavorazione del terreno e delle oche per il diserbo invernale. Fermentazioni con lieviti indigeni, affinamenti in legno grande e imbottigliamento senza solforosa, nessuna filtrazione ne chiarificazione.
In sintesi un “vino naturale” come il vecchio Antoine era solito, più di cento anni fa, indicare sull’etichetta dei sui vini.
Nel 2015, probabilmente per motivi di opportunità economica, l’Hospice de Saumur ha interrotto bruscamente la collaborazione con l’enologo Eric Dubois dando in locazione il vigneto alla Cave de Saumur Robert et Marcel, che sta mettendo in atto un’operazione commerciale di ammodernamento che a mio parere non lascia intravedere nulla di buono.
Eric oggi gestisce il Domaine la Franchaie nella zona del Savennierès e da un paio d’anni è uscito con i suoi vini già molto apprezzati.
Quando venni a sapere del licenziamento del Dubois, rimasi un po’ sgomento e cercai di correre subito ai ripari per acquistare alcune bottiglie di quello che a parer mio sarà l’ultima annata del “vero” Clos Cristal.
La bottiglia è denominata CLOS CRISTAL- Come Isambert NV (Closed) che ho degustato in una domenica primaverile. Come Isambert è il nome del negociant francese che si è preoccupato in un momento di “vacatio legis” di provvedere all’imbottigliamento.
Ma veniamo alla degustazione. Stappato due ore prima di essere servito senza essere scaraffato. Versato nel bicchiere da degustazione si presenta di color rosso rubino intenso quasi porpora, decisamente uniforme.
Al naso emergono immediate sensazioni di frutta rossa, di lampone, ma ben presto prendono il sopravvento sul frutto sentori vegetali di foglia di pomodoro e di peperone verde ed a tratti compare un non so che di balsamico, di mentolato.
In bocca è generoso, è fresco, ha profondità ed è ancora leggermente tannico. Minerale quanto basta, risulta morbido al palato ed estremamente accattivante con una beva incalzante ma importante allo stesso tempo. Quasi scolastica la corrispondenza naso/bocca dove sono evidenti i ritorni di lampone e sul finale persistentemente lungo la ripresa delle sensazioni balsamiche.
Per certi versi è un vino elegante, austero ma di sicuro impatto, penso possa dare il meglio di sé tra qualche anno. Alla fine si dimostra un vino gourmand visto che da solo, accompagnandolo a della carne, ho bevuto più di metà bottiglia.
Degustare il Clos Cristal mi permette di affermare che sono innamorato del Cabernet Franc nella versione del Saumur Champigny e a ricordarmelo mi sovvengono le degustazioni del Clos Rougeard nelle versioni Le Bourg e Poyeux e dei vini di Sylvain Dittiere.
Ringrazio Antoine Cristal per il fatto che nella vita, a volte essere visionari, paga alla grande!!!