In questo periodo di reclusione forzata, causa Covid 19, mi capita spesso, nei momenti di totale relax di sintonizzarmi su Youtube della mia smart TV per distrarmi con i più disparati video musicali. Quasi sempre torno al passato e mai alla musica del momento, che trovo standardizzata e piatta (ma questo è un giudizio personale). Casualmente mi sono imbattuto in una cantante francese che non ascoltavo da almeno una trentina d’anni, Mylène Farmer. A dire il vero non è che impazzissi per la sua musica, ma mi piacevano i suoi video che erano dei veri e propri cortometraggi, ambientati sovente in epoche della grandeur de France. In Italia è poco conosciuta, ma in Francia è ancora una star, un’artista che nel 1993 ha saputo guadagnarsi un World Music Awards come miglior interprete femminile francese. Dal debutto nel mondo musicale agli inizi degli anni 80 in poi, creò quello che la critica musicale francese definisce l’universo farmeriano, pieno di testi poetici, di misteri, di paradossi e a volte di personaggi volutamente ambigui nei suoi lunghi video musicali. In un’ intervista la Farmer ha dichiarato quanto segue:

“J’adore les bons vins, j’ai appris à apprècier ca: les rouges, seulement les francais, Bordeaux, Petrus, cote Rotie, Mèdoc, Bourgogne… Du bon vin et des cigarettes hors de prix: ce sont mes seuls plaisir bougeois….”

“Amo il buon vino, ho imparato ad apprezzarlo: i rossi, solo francesi, Bordeaux, Petrus, Cote Rotie, Mèdoc, Borgogna….Buon vino e sigarette costose: sono gli unici miei piaceri borghesi.”

Curioso, ma forse neanche tanto che nel novembre 1986 Mylene Farmer organizzò un galà per la vendita dei vini dell’Hospice de Beaune (Borgogna)

https://www.youtube.com/watch?v=vkiyW0vqat8


Inevitabilmente con la mente sono andato a ritroso nel tempo; negli anni in cui esplose la Farmer io ero nel pieno della mia giovinezza, stiamo parlando di fine anni 80 inizio 90 ed ero un ragazzo di 25 anni circa pieno di belle speranze, pensando di poter aver in mano il mondo. Come spesso mi accade sono assalito da un tourbillon di ricordi e per non farmi ingurgitare da una deriva di nostalgica malinconia, mi devo in qualche modo consolare e quello che mi fa star bene è scendere in cantina dai miei amati vini. In questo caso non ho potuto che rivolgere lo sguardo nel settore dei vini francesi (sicuramente influenzato dalla Farmer) facendomi scegliere da una bottiglia di Vosne Romanèe Premier Cru “Les Beaux Monts” annata 2007 di 13,5°vol. del Domaine Renèe Cacheux et fils, piccola azienda vinicola che ho visitato in un paio di occasioni, nel 2006 e nel 2013. Siamo a Vosne Romanèe, villaggio vinicolo nel cuore della Cote de Nuits, luogo di vero e proprio culto per il Sancta Sanctorum di tutti i vigneti, ovvero Romanèe-Conti.  Les Beaux Monts è da considerarsi uno dei migliori climat Premier Cru di Vosne Romanèe il cui terreno è particolare in quanto collocato sopra un substrato di calcare duro e ricco di ferro. Nel 1861, fu pubblicato un meticoloso Plan Statistique sui vigneti della Borgogna; avrebbe potuto diventare mitico come il classement bordolese del 1855, invece quasi sparì nell’ombra. Io ne posseggo una copia e Les Beaux Monts viene menzionato insieme ad altri 49 climats o lieux dit a Vosne Romanèe con una superficie di 2 ettari 43 are e 30 centiare le cui parcelle dalla 187 alla 209 classificate di I° classe. Per i cultori borgognoni, confina ad est con Le Beaux Monts bas, a sud con Les Suchot, ad ovest con Aux Brulèes e comunque nelle vicinanze del più rinomato vigneto Richebourg. Il Domaine Renèè Cacheux et fils ne possiede 0,8 ettari.

L’annata 2007 in Borgogna non è stata semplice, nel senso che dopo tanto secco, che preannunciava una similare alla 2003, è stata minacciata dal brutto tempo estivo fino al 20 agosto, che  avrebbe potuto pregiudicare un raccolto salvatosi grazie a un provvidenziale bel tempo fino a settembre inoltrato, anche se è stata necessaria una severa selezione e la vinificazione si è rivelata difficile ma molto buona per i rossi della Cote de Nuits. 

Lo conferma questa Vosne Romanèe, stappato tre ore prima di essere degustato che, versato nell’ampio balloon stile Burgundy, si presenta di color rosso rubino con nitidi riflessi granati sull’unghia. Al naso sprigiona immediati profumi terziari di speziatura, di chiodi di garofano, incenso e leggere tostature di caffè. A seguire sentori di violetta di campo e le matrici di frutta rossa , prugna, confettura di marasca, lamponi e mirtilli. 

Al palato si mostra pulito, sostenuto da una bella acidità che gli dona una piacevole sensazione di freschezza; la bocca è succosa di frutta nera e rossa su di un finale leggermente tostato e a tratti balsamico. Ancora una sottile astringenza in un corollario gustativo davvero elegante e pervaso da una persistenza davvero notevole.


L’ho degustato ascoltando la canzone più rappresentativa di Mylene Farmer dal titolo “Dèsenchantèe” del 1991, il più grande successo della sua carriera, una sorta di inno ad una società “disincantata”, forse precorritrice dei nostri infausti tempi, ma per fortuna questo Pinot Noir è esattamente agli antipodi e mi incanta al punto da catapultarmi nella mia amata Cote d’Or. Anche questo è un miracolo diVino.