Gli studiosi ampelografi, sostengono che il vitigno Viognier sia originario della Valle del Rodano, in Francia, dove, secondo autorevoli fonti storiche, venne introdotto dall'imperatore Marco Aurelio Probo, il quale era originario di Sirmium (odierna Sremska Mitrovica) in Serbia, per cui è più che probabile che le sue origine siano balcaniche.

Altre fonti sostengono che l’imperatore piantando la vite sulle colline natie di Fruska Gora, collegò il suo nome all'inizio della viticoltura in questo Paese. Oggi le colline di Fruska Gora sono inserite nel Parco Nazionale omonimo, area naturale protetta di ben 25.500 ettari, in parte ancora vitati, all’interno della pianura pannonica nella regione serba.

Nel 280 d.C., l’imperatore Marco Aurelio Probo, cancellò l’editto di
 Domiziano che bandiva la coltivazione della vite e con molta lungimiranza decretò la fine dei rifornimenti di vino con l’ingovernabile trasporto delle botti da Aquileia ai territori dove erano stanziate le legioni, ed impose alle stesse di impiantare vigneti nei loro avamposti, dove il terroir lo concedesse. In questo modo i vigneti avevano una triplice valenza, ovvero segnare i confini dell’Impero, tenere occupate le popolazioni in modo operoso nelle campagne e dare sostentamento alle proprie legioni. All’epoca dell’imperatore esistevano ben 40 legioni per circa 450.000 uomini, per l’epoca un esercito imponente che, oltre a combattere, aveva il compito di piantare la vite, dando origine ad  un’opera ciclopica, grazie alla quale sono arrivati sino ai giorni nostri i nomi dei vini e dei vigneti.

In Francia il Viognier dimora a Nord della Cote du Rhone, in una lingua di terra veramente esigua, andando comunemente sotto l’appellation Condrieu, oltre alla più piccola appellation di soli 3,5 ettari attribuita a un unico domaine in Monopole, di proprietà della famiglia Neyret-Gaschet, che va sotto la denominazione di Chateau Grillet.

Nel 2017, dopo 8 anni dalla prima volta, mi sono nuovamente spinto fino a queste latitudini, andando a visitare, tra gli altri, il Domaine Georges Vernay, storica cantina di Condrieu. A onor del vero non è stata una visita epica, sia per l’assenza dei proprietari e per il fatto di esserci imbattuti in un’assistente troppo poco empatica e collaborativa. Capita. 

A parte tutto, il merito di riportare alla ribalta questo vitigno dimenticato nella notte dei tempi, fu Georges Vernay e suo padre Francis. Francis è stato il primo tesoriere dell'Unione dei coltivatori di Condrieu ed è stato Georges ad insistere per poter tracciare i confini della denominazione, garantendo unicità alle sole viti che potevano fregiarsi dell’appellation Condrieu. Dal 1996, Christine Vernay, la figlia di Georges,  ha assunto le redini del Domaine, dando un timbro di unicità ai suoi vini ormai riconosciuti a livello internazionale.

Sceso in cantina ho dovuto solo estrarre una bottiglia di CONDRIEU “Les terrasses de l’Empire” annata 2015 di 13, 5° vol. del Domaine Georges Vernay per degustarla ed annotare le sensazioni a distanza di tre anni dagli ultimi assaggi.


Tappo sano e compatto di piccole dimensioni, 4,5 cm.

Versato nell’apposito balloon si presenta visivamente di un bel colore oro zecchino, molto limpido.

Il naso è decisamente agrumato e con evidenti sentori di limone, pesca bianca, albicocca e miele ed a seguire fiori bianchi di difficile definizione; al palato è minerale, di media acidità ed è contraddistinto da un’eleganza leggiadra e delicata. In bocca ha una beva decisamente piacevole con un tocco di untuosità che gli dona carattere. Ritornano le sensazioni gustative agrumate già avvertite all’esame olfattivo ed è caratterizzato sul finale, decisamente persistente e profondo, da una leggera nota amarognola di nocciola.

Un bianco decisamente aristocratico ed equilibrato che affascina sorso dopo sorso, degno di quel Marco Aurelio Probo che, per un attimo ho immaginato sulle colline di Fruska Gora, calice alla mano, intento a sorseggiare e a bearsi degli orizzonti sconfinati del suo impero!!