Non conoscevo il Saint Pourcain, sino ad oggi; un vino che nasce nel dipartimento dell’Allier, nella parte settentrionale della regione chiamata Auvergne, tra i vulcani del Massiccio Centrale e la vallata della Loira. Fulcro di questa appellation è il villaggio denominato Saint Pourcain sur Sioule, che secoli fa ospitava uno dei vigneti più popolari di Francia, quello di Saint Pourcain che esiste ancora oggi.
Nonostante dei 10.000 ettari del XIII secolo, oggi ne rimangano solo 600, questo vino dall’XI al XV secolo era in cima alla lista dei vini più popolari di tutta la Francia; nel XIV secolo, scrive lo storico Marcel Lachiver, "Saint-Pourçain è conosciuto proprio come i grandi vini. Appare sulla tavola dei Papi di Avignone in compagnia del vino di Beaune, così come è presente, all'incoronazione di Philippe VI de Valois a Reims nel 1328”.
Lo storico francese Roger Dion scrisse che il Consiglio del Re nel 1360 sui vini consumati a Parigi li classificava in tre categorie: "Al livello inferiore, il vino francese, il cui prezzo medio era stimato in 13 libbre la botte (tra 400 e 450 litri); a livello medio, i vini di Bourgogne (quelli di Auxerre) il cui prezzo medio era stimato in 26 libbre ed infine, in alto, i vini di grande prezzo, come quelli di Beaune, Saint-Pourçain, e i "vini estranei" (uno raggruppava sotto questo nome i vini dolci importati dai paesi del Mediterraneo).
Come detto, il Saint Pourcain per molto tempo fu il vino dei Papi di Avignone che ordinavano tra i 200 e i 400 ettolitri all’anno nel XIV secolo, con un record nel 1375 di ben 834 ettolitri.
Col tempo, però, i vini di Beaune presero il sopravvento su quelli di Saint-Pourçain anche per il minor tempo di trasporto utilizzato nelle consegne verso la corte reale di Francia; il vino veniva trasportato al porto di Cravant, si imbarcavano sulla Yonne e poi sulla Senna. In ultimo, il colpo mortale venne inflitto con la crisi della fillossera alla fine del XIX secolo. Dopo la seconda guerra mondiale, alcuni viticoltori hanno rilanciato l'idea di un vigneto di qualità intorno al vitigno Tressalier in bianco (chiamato Sacy in Yonne), Pinot e soprattutto Gamay in rosso. Hanno ottenuto la denominazione VDQS (vino delimitato di qualità superiore, non più presente) nel 1951 e l'AOC nel 2009.
I vini Saint Pourcain sono caratterizzati da terreni originatesi dall’orogenesi alpina e basati sulla stratificazione di filoni di silicio e granito, sabbie, argilla e calcare.
Per approcciarmi a questo vino (versione rosso in predominanza Pinot Noir e parte Gamay), ho acquistato una bottiglia di Saint Pourcain “La Chambre d’Edouard” annata 2017 di 13, 0° vol. del Domaine Grosbot-Barbara, ubicato a Cesset e distante 6 km da Saint Pourcain sur Sioule; azienda attiva dai primi del ‘900 del secolo scorso, ha all’attivo 9 ettari vitati a Pinot Noir, Gamay, Chardonnay e Tressallier (vitigno autoctono).
La bottiglia si presenta con una veste grafica molto particolare, visto che l’etichetta raffigura opere del pittore Benoit-Basset che lasciano spazio all’immaginazione dei suoi personaggi, tutti da scoprire, attirando inevitabilmente l’attenzione, l’occhio viene sollecitato e quasi sfidato dai colori contrastanti ben in evidenza.
Stappato una mezz’ora prima di essere servito, tappo sano e compatto di 5 cm esatti,
Versato nell’apposito bicchiere stile Burgundy, si presenta cromaticamente di colore rosso rubino intenso ed uniforme, tendente al porpora.
Al naso, emerge inizialmente la parte fruttata, di amarena e mirtillo, a seguire leggere tracce ematiche, una nota speziata dolce mai aggressiva e sul finale sentori di erba bagnata appena tagliata. In bocca entra in modo molto suadente, ha la vigoria della gioventù ed è molto invitante, con la frutta rossa che riemerge in modo preponderante e con un leggero tocco di dolcezza al palato ben in evidenza. Avverto il tannino, non ancora completamente svolto, ma che non infastidisce; è fresco, già con una buona struttura e con le papille gustative che vengono sollecitate a dovere. In questo momento di piena gioventù è molto ruffiano, dalla beva estremamente fluida e piacevole, ma ho la presunzione di dire che lasciato invecchiare per qualche anno concederà ulteriori soddisfazioni nella sua terziarietà.
Personalmente, una bella scoperta; chiude con una buona persistenza lasciando una certa carnosità in bocca.
Non mi stupisce il fatto che i Papi se ne siano alimentati nel loro periodo avignonese e probabilmente, anche per loro, si trattò sicuramente di un vino che non ti aspetti!!