….Show yourself destroy our fears release your mask
Oh yes, we’ll keep on trying
Hey, tread that fine line
(Yeah) yeah
We’ll keep on smiling, yeah
(Yeah) (yeah) (yeah)
And whatever will be will be
We’ll just keep on trying
We’ll just keep on trying
Till the end of time
Till the end of time
Till the end of time

(Queen - Innuendo 1991)


Trent’anni fa, veniva pubblicato l’ultimo album, il quattordicesimo registrato in studio, di una delle band britanniche più prolifiche della storia del rock, i Queen. 

Per l’esattezza l’album porta il nome di “Innuendo” ed è venuto alla luce poco prima della morte della sua geniale icona, quel Freddy Mercury, carismatico leader, nonché eccezionale frontman di incredibili concerti e dotato naturalmente di una delle più belle voci di sempre. I più sottoscrivono che questo lavoro si identifichi con il testamento spirituale del suo cantante ed artistico della band che, conscia della malattia irreversibile di Freddy Mercury, abbia voluto coralmente lasciare un segno indelebile ai contemporanei e ai posteri, una sorta di immortalità, che effettivamente perdura senza sosta.  

L’HIV diagnosticatogli nel 1987 non lascerà scampo e il 24 novembre 1991 Mercury passerà a miglior vita, non prima di averci lasciato uno degli album più emblematici, sofferti e musicalmente articolati e complessi, tanto da meritarsi un posto nella classifica dei 100 album più belli di sempre della storia musicale. Ricordo che all’epoca, venticinquenne e fan sfegatato dei Queen (lo sono ancora) rimasi quasi traumatizzato dalla morte del suo leader e per almeno un paio d’anni fu l’unico gruppo che realmente ascoltai quasi come fossi in costante lutto musicale. 

La prima traccia è Innuendo, brano dell’album omonimo che sarà anche un singolo di enorme successo e che per taluni versi rappresenta la continuazione dell’altro capolavoro del 1975, ovvero Bohemian Rapsody, tratto dall’album A night at the Opera, con il quale ci sono alcune similitudini , a cominciare dalla lunghezza del brano oltre i tempi canonici di un singolo (6 minuti c.ca) e soprattutto per la commistione di stili musicali, passando dall’hard rock, all’operetta nel primo e in Innuendo, sempre dall’hard rock, alla parte del flamenco, all’operetta e al progressive rock. 

La diversità dei due brani è che Bohemian Rapsody è espressione geniale dell’estro di Freddy Mercury, mentre Innuendo esprime la compattezza del gruppo, mai sgretolatosi nei suoi componenti fino alla fine. 

Innuendo si potrebbe tradurre con la parola “insinuazione” che, non è tanto legata alle insinuazioni volte nel tempo sullo stato di salute di Freddy Mercury, ma semmai è una sorta di accusa che il cantante rivolge all’uomo, per il modo folle in cui vive, per l’imperante avidità, le superstizioni e le false religioni, invitandolo a togliersi la maschera, cercando di vivere una vita coraggiosa con il fine ultimo di essere totalmente liberi.

Inconsciamente, a un passo dalla morte, con il destino segnato, esorta a godere di questa vita che è unica e con essa ad apprezzarne i piaceri, anche i più semplici. 

Riflettendo su queste sue parole, non posso fare altro che essere totalmente in accordo e tutto ciò mi fa anche pensare alle sensazioni di puro godimento che la degustazione di un vino riesce a donarmi, rappresentando uno di quei piaceri che questa meravigliosa nostra vita riesce a concederci.


Penso che Freddy Mercury, sarebbe stato felice di poter degustare un calice di Auxey- Duresses 2016 del Domaine Leflaive di 12,5° vol. anche perché so di certo che in vita apprezzasse il buon vino, soprattutto quando con la band andava a registrare negli Studios di proprietà a Montreux nella Svizzera-Francese e non c’è come questo Chardonnay di una delle aziende più blasonate della Cote d’Or borgognona, che non si cela dietro nessuna maschera, ma si mostra con un’ espressione gusto-olfattiva davvero libera da ogni convenzione o compromessi di sorta.

Auxey-Duresses è una denominazione che confina con quella più rinomata di Meursault e che negli ultimi anni sta facendosi conoscere agli appassionati come me, non solo per la qualità ma anche per i prezzi decisamente più umani. Se poi si tratta del Domaine Leflaive, val la pena provarli anche se in questo caso stiamo parlando di un “semplice“ Village.

Questo vino viene prodotto in vigneti piantati tra il 1950 e il 1990, con suoli tipicamente argillo-calcareo ed allevati in biodinamica; le fermentazioni avvengono in botti di rovere per il 25% nuove. L’affinamento avviene in due fasi distinte, ovvero 12 mesi in botte e poi 6 mesi in tini per riportare il vino a tutta la sua mineralità.

Per essere precisi, l’etichetta riporta “Leflaive & Associès” perché il Domaine Leflaive, per questo vino acquista le uve direttamente da una filiera di piccoli viticoltori selezionati per poi continuare nelle proprie cantine il processo di vinificazione


Ma veniamo alla degustazione.

Tappo sanissimo e compatto di 5,1 cm.

Versato nel classico bicchiere da degustazione si presenta visivamente di un bel colore giallo paglierino con leggeri riflessi dorati e con una limpidezza e una luminosità da manuale.

Al naso emergono immediate note agrumate di lime associate a sentori di delicati fiori bianchi ed a seguire nuances di erba appena tagliata; ulteriormente roteato nel bicchiere si sprigionano decise fragranze burrose e di pietra focaia.

In bocca mostra tutta la tipicità degli Chardonnay borgognoni che sono un piacere estremo per le papille gustative, con quel tipico tocco un po’ salivante ed accattivante allo stesso tempo. Pur trattandosi di un Village e con una gradazione non eccessiva ha una gradevolezza e una scorrevolezza di beva impagabile e forse il tratto più distintivo è l’eleganza ed una marcata sapidità con un retrogusto leggermente di mandorla amara sul finale. Mano sapiente e legno assolutamente non invasivo.

Questo Auxey-Duresses è una piacevole scoperta, un vino da degustare con gioia, senza inibizioni e con quella libertà tanto agognata dal leggendario Freddy Mercury.